SUBACQUEA
- cenni storici
L’esplorazione
dei fondali marini sin dai tempi più antichi fu dettata da esigenze di
carattere bellico, come mezzo di offesa e di difesa. Solo in questi ultimi
decenni le attività subacquee, svolte in condizioni di ragguardevole sicurezza,
sono sfruttate anche per studi biologici, archeologici, geologici, nonché per
scopi prettamente ludico-ricreativi.
Per
le difficoltà dovute alla quasi totale mancanza di idonee attrezzature (a
partire dalla maschera ottica), le rarissime ed eccezionali imprese sottomarine
sconfinarono quasi sempre in mito e leggenda. Costituivano oltretutto
invalicabili limiti le lacunose conoscenze
della fisica e della fisiopatologia dell’immersione.
Nonostante
tali limiti l’uomo deve aver fatto ricorso ad espedienti e congegni vari per
sfruttare le possibilità e le ricchezze offerte dal mondo sommerso, anche se
raramente si fa esplicito riferimento ai mezzi impiegati. Testimonianze
sull’abilità dell’uomo di scendere in tempi remoti a discreta profondità
si ritrovano oggi, oltre che in testi scritti, anche in incisioni e
raffigurazioni pittoriche dei reperti rinvenuti negli scavi archeologici.
Circa
7-10000 anni fa esisteva una comunità nel Mar Baltico chiamata “Kjokkenmodinger”.
Presso i loro insediamenti abitativi sono stati rinvenuti ingenti quantità di
conchiglie fossili, ciò induce a pensare che tale popolazione doveva avere
sviluppato particolari abilità ed idonee tecniche di raccolta dei molluschi in
fondo al mare.
Nel
territorio corrispondente all’antica Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate,
sono stati rinvenuti oggetti ed ornamenti intarsiati in madreperla risalenti al
4500 al 3200 a.C.
Intorno
al 2000 a.C. nacque e si diffuse la leggenda di Glauco, forse pescatore greco,
per altri pastore in Beozia, secondo altri ancora uno degli Argonauti che
navigavano alla ricerca del mitico “vello d’oro”, capace di raggiungere la
ragguardevole profondità di 100 mt sotto il livello del mare con apnee
prolungate fino ad oltre 10 m’. (Il “vello d’oro” sembra fosse tessuto
con i filamenti che le pinne nobilis, grandi bivalvi, producono per
ancorarsi al fondo sabbioso).
Secondo
un racconto di Erotodo la prima vittima di un’immersione fu Glauco. Un giorno
il dio Nettuno, ammaliato da una sua eccezionale immersione, decise di non
rimandarlo più in superficie ma di accoglierlo alla sua corte tra le Naiadi e
le Sirene.
Erotodo
narra ancora che il pescatore Scylla potesse percorrere sott’acqua 80 stadi
(1500 metri). Nel 480 a.C., approfittando di una notte buia, Scylla e sua figlia
Cyana, nuotando sott’acqua, raggiunsero la flotta persiana che assediava Atene
tagliandone i cavi di ormeggio e delle ancore. Le navi di Serse subirono così
ingenti danni, spinte a fracassarsi sulle scogliere dal forte Maestrale di
quella notte.
Tucitide
riporta che gli spartani a Sfacteria fossero riforniti di viveri da
sommozzatori, e che abili nuotatori subacquei ateniesi nel 415 a.C. demolirono
le difese sommerse antisbarco poste a protezione del porto di Siracusa.
Ai
tempi di Aristotele, tra i primi a descrivere tecniche ed attrezzature
subacquee, nonché metodi per evitare i malesseri conseguenti, non si
conoscevano le manovre di compensazione e l’esatto meccanismo delle lesioni
timpaniche. I subacquei di allora prima di immergersi applicavano alle orecchie
delle spugne imbibite di olio con la speranza di evitare lesioni timpaniche, ed
erano soliti respirare attraverso un tubo “come gli elefanti, che respirano
con la proboscide sollevata nell’attraversare i corsi d’acqua.”.
Alcuni
soldati di Alessandro Magno danneggiarono le difese di Tyro respirando
sott’acqua con una rudimentale strumento, la “lebeta”, forse un
rudimentale boccaglio, o forse una campana pneumatica di pelle di capra
collegata ad un tubo.
Si
racconta che lo stesso Alessandro Magno volle farsi calare in fondo al mare
racchiuso in uno speciale barile di vetro per potere osservare e studiare la
vita sottomarina, rimanendovi per 3 giorni e 3 notti. A ricordo di questa – in
verità improbabile – impresa furono eseguite numerose incisioni artistiche.
Cleopatra
una volta si prese gioco di Marco Antonio utilizzando una tecnica di immersione
subacquea. Ordinò ad alcuni suoi soldati di nuotare sott’acqua ed appendere
un pesce salato all’amo del suo innamorato, appassionato di pesca con la
canna.
Nel
De Re Militari di Vegezio si legge che ai tempi dell’imperatore Claudio
(1-45 d.C.) esisteva un corpo speciale di soldati assaltatori sommozzatori, gli
“urinatores o urinantes”, dal verbo latino arcaico urinari =
immergersi in acqua, equipaggiati con un cappuccio di pelle o un sacco ricavato
dallo stomaco di un agnello che si prolungava in un tubo affiorante in
superficie.
Alcune
semplici tecniche di immersione subacquea sono giunte fino ai giorni nostri. Da
oltre 2000 anni le pescatrici Ama giapponesi e coreane vivono con ritmi
tramandati da secoli. Le donne pescano per circa 8-10 ore al giorno in
un’acqua con temperatura intorno ai 10° C ad una profondità media di 20 mt,
mentre i loro uomini governano in superficie le barche a remi. Si immergono a
corpo nudo, se si esclude la presenza di un piccolo perizoma, facendosi
trascinare verso il fondo da una pietra legata ad una cima ed indossando un paio
di occhialini in guscio di tartaruga forniti di pompette laterali per il
riequilibrio della pressione (il carapace di tartaruga può essere levigato così
finemente da divenire perfettamente trasparente).
Leonardo
Da Vinci (siamo intorno all’anno 1500 d.C.) si occupa anche del moto
subacqueo. Progetta e disegna dei particolareggiati guanti palmati, un boccaglio
fornito della necessaria curvatura per meglio poterlo portare alla bocca e
facilitare la respirazione (da cui il moderno snorkel), uno scafandro,
un’ingegnosa attrezzatura adatta a respirare sott’acqua molto simile ai
successivi dispositivi ARO (autorespiratori ad ossigeno).
Nel
1535 un tale Lorena, italiano, si immerge nel lago di Nemi a -22 mt con una
campana di sua realizzazione, alla ricerca delle galere dell’imperatore
Caligola affondate nel 30 d.C.
Halley
inventa le campane da immersione; con la sua “cloche a plonger” perfeziona
il rifornimento di aria all’interno della campana attraverso un tubo collegato
ad una pompa posta in superficie.
E giungiamo al 1679, quando Padre Giovanni
Alfonso Borelli, che fu jatro-fisico, matematico, astronomo, fisico e fisiologo,
che inventò l’eliostato, studiò il movimento delle comete, dei corpi
celesti, il fenomeno della capillarità, la velocità del suono, propose il
primo vero “apparecchio di immersione individuale” della storia.
Sfruttando le esperienze di Galilei, Pascal, Torricelli, Boyle, Guericke sulla
pressione atmosferica e sulla elasticità dell’aria si impegna nell’opera
“De Motu Animalium” nel cui capitolo “De natatu” descrive una apposita “macchina
con la quale gli uomini immersi nell’acqua possono respirare e vivere per
parecchie ore”.
Il
suo subacqueo è protetto da una muta di pelle caprina, indossa in testa un otre
pieno di aria compressa che funge da riserva d’aria e da equilibratore fornito
di un oblò di vetro per poter guardare intorno a sé, si zavorra con del
piombo, utilizza pinne ai piedi affinché possa muoversi nell’acqua “non
alla maniera dei gamberi ma col remigare delle palme delle mani e dei piedi”, in
modo tale da poter “nuotare nell’acqua alla maniera delle rane”, e
tiene in mano un voluminoso cilindro pieno d’aria munito di stantuffo per
variare il suo assetto in acqua sfruttando il principio di Archimede.
Sugli
stessi principi è basato il progetto della sua “navis urinatoria”, un vero
e proprio sommergibile, anch’esso ampiamente descritto nel “De Motu
Animalium”.
Agli
inizi del 1800 l’americano Benjamin Franklin costruisce una sorta di sandali
allargati da applicare ai piedi per aumentare la spinta propulsiva del
nuotatore, ma con risultati deludenti. Nel 1920 il francese De Corlieu idea un
prototipo di pinne, messe in commercio solo nel 1935, il prototipo da cui
deriveranno quelle attuali. Già moltissimi anni prima, però, gli abitanti
delle isole Marchesi utilizzavano delle rudimentali pinne costruite intrecciando
tra loro foglie di palma e fronde di pandano.
Nel
1852 W.H. James costruisce un autorespiratore a circuito chiuso in cui una
sezione contenente potassa caustica assorbiva l’anidride carbonica prodotta.
Rappresentò il prototipo degli apparecchi ARO, la cui preziosa caratteristica
di non produrre bolle venne utilizzata dagli uomini-rana nei conflitti bellici
che seguirono per compiere le loro imprese.
Le
prime tabelle di decompressione furono formulate nel 1913 da Paul Bert e John Scott
Haldane, in seguito alla individuazione dell’azoto che si
discioglie nel sangue e nei tessuti come il principale nemico delle immersioni
subacquee.
E’
sempre del 1913 la prima documentazione ufficiale (diario di bordo) di uno
strabiliante –80 in apnea “stabilito” dal pescatore di spugne greco Haggi
Statti che scese per disincagliare l’ancora della corazzata italiana Regina
Margherita.
Nel
1936 Hans Hass inizia a fare fotografie sott’acqua e nel 1940 Cousteau, Dumas
e Taillez adoperano le prime cineprese subacquee.
Il
comandante francese Yves Le Prieur si ingegna a costruire un erogatore con
valvola automatica che permette di adeguare la pressione dell’aria contenuta
nelle bombole a quella ambientale. L’invenzione viene perfezionata dall’ingegere
Gagnan che, insieme a Cousteau lo commercializza e lo diffonde in tutto il mondo
nel 1945.
Nel
1952 la FIPS (Federazione Italiana Pesca Sportva), affiliata al CONI, accoglie
al suo interno questa attività, e i suoi corsi sono inizialmente rivolti a
sommozzatori dei vigili del fuoco, carabinieri, guardia di finanza, militari del
genio.
Nel
1957 parte il primo corso federale in Italia che rilascia brevetti nazionali.
Nel
1959, visto il largo diffondersi delle immersioni ARA, si giunge alla fondazione
della Confederazione mondiale delle attività subacquee (CMAS) a cui partecipano
Francia, Spagna, Portogallo, Principato di Monaco, USA, Svizzera, Inghilterra,
Belgio, Germania Federale, Jugoslavia, Brasile, Malta, Paesi Bassi, Grecia e
Italia.
Dagli
anni sesanta-settanta in poi si sviluppano in USA organizzazioni che, forti di
una didattica veloce e incisiva, si espandono rapidamente in tutto il globo
controllando in pratica il mercato mondiale della subacquea.