Corretta
idratazione e immersioni
L’acqua
contenuta nell’organismo varia in rapporto all’età, al sesso e al
peso corporeo, potendo rappresentare il 70-75% del peso totale nel
neonato, il 60% nell’adulto, e “solo” il 50-45% nell’anziano.
Anche lo stato fisiologico condiziona la presenza di acqua corporea, così
che risulta minore negli obesi ed aumentata negli atleti, in relazione
al fatto che le cellule adipose ne contengono poca, mentre il muscolo è
costituito per una buona metà di acqua.
Il
fabbisogno idrico personale è legato alla quantità d’acqua che viene
persa e quella che viene metabolizzata (entrate/uscite). Varia
principalmente con la temperatura ambientale, il dispendio energetico e
la composizione della dieta (cibi più o meno ricchi di acqua). In
condizioni di vita normali e in clima temperato il fabbisogno di acqua,
con i macro e microelementi in essa disciolti, è di circa 1 ml per ogni
chilocaloria ingerita (2
litri per una dieta di 2000 Kcal) e mezzo litro ogni ora di attività
fisica svolta.
Lo
stato di equilibrio tra le entrate e le uscite sono regolate da vari
meccanismi a livello renale, cutaneo, vascolare e ipotalamico.
Ricordiamo che malattie anche banali e farmaci possono alterare i
suddetti equilibri, conducendoci pericolosamente ad uno situazione di
disidratazione.
Quando
la riduzione di liquidi corporei è pari al 2% del peso corporeo (circa
1 litro e mezzo per un individuo di taglia media) rallenta
la possibilità di idrolisi (scissione nell’acqua) dell’ATP e quindi
la possibilità di effettuare un proficuo lavoro muscolare.
Anche
il diving reflex contribuisce alla perdita di liquidi corporei
per effetto diuretico. Nel corpo immerso in acqua il
flusso ematico si ridistribuisce in senso centripeto e il cuore ed i
reni rispondono rilasciando sostanze diuretiche che contribuiscono alla
disidratazione.
Se
la perdite arrivano al 4-5% del nostro peso (3 litri) le prestazioni si
riducono del 20-30%, ma soprattutto avremo come conseguenze aumento
della viscosità ematica, aumento della frequenza cardiaca, diminuzione
della pressione arteriosa e riduzione del flusso ematico ai muscoli
attivi, allo scopo di favorire i tessuti “nobili” quali cuore e
sistema nervoso centrale. Intervengono inoltre disturbi quali nausea,
cefalea e vertigini per l’acidosi metabolica e l’iperammoniemia
instauratasi.
L’emoconcentrazione
che così si realizza comporta una minore vicinanza di tutte le molecole
che prendono parte ai processi di coagulazione e aggregazione, favorendo
la formazione di emboli.
Tutte
le modificazione sopra esposte possono favorire l’insorgenza di una
MDD e aumentare il rischio di incidenti subacquei.
Bere
poco quindi potrebbe avere delle spiacevoli conseguenze. Attenzione
però! Anche il comportamento contrario non è corretto. Grandi
quantità di acqua assunte dopo aver sudato molto, senza che vi sia
disciolto sodio in adeguate quantità, provocano una carenza di questo
sale che si ripercuote in maniera significativa sull’organismo
cagionando vomito, vertigini, stanchezza, crampi, sfinimento, apatia
mentale, insufficienza renale, convulsioni, aumento della
pressione arteriosa,
comparsa di extrasistoli. Non
superare quindi i 900 ml di acqua in un’ora.
Un
ultima considerazione. Le immersioni sportive per lo più avvengono in
climi caldi o mesi estivi, magari programmando numerose immersioni,
condizioni queste che comportano sicuramente un aumento delle perdite
idriche per sudorazione. Non
fidiamoci unicamente della nostra sensazione di sete: essa viene
avvertita quando abbiamo già perduto circa il 2-3% del peso corporeo e
scompare dopo un
rimpiazzo di solo il 50-70% del reale fabbisogno idrico.
Impariamo
a bere anche prima di avere sete.