Training
fisico autogestito
La
riabilitazione autogestita rappresenta un modello organizzativo controverso ma
di grande importanza per le sue possibilità applicative. Prevede che il
paziente esegua il programma di allenamento, sempre secondo le indicazioni
fornite al momento del test cardiopolmonare, rilevando in maniera autonoma la
risposta allo sforzo, mediante la rilevazione del polso, l’uso di un ormai
diffuso ed economicamente accessibile cardiofrequenzimetro, o in caso di
patologia importante attraverso la trasmissione dell’E.C.G. con un
cardiotelefono al Centro di Riabilitazione.
Il
metodo si è dimostrato sicuro ed efficace, consentendo un abbattimento dei
costi e dell’impegno assistenziale delle strutture sanitarie. Tuttavia, a
scopo prudenziale, questo è riservato a pazienti selezionati e nei casi in cui
non sia proponibile la partecipazione ad un programma controllato.
La
condizione essenziale è che alla prescrizione dell’attività fisica da
svolgere in maniera autonoma, a casa o in un centro fitness, segua un programma
d’istruzione e educazione all’autogestione del training fisico che
garantisca un reale apprendimento da parte del paziente. Deve essere curata non
solo la parte riguardante la spiegazione delle varie fasi dell’allenamento, ma
anche verificate le capacità di autogestione ed autocontrollo. Ricordiamo,
infatti, che il training domiciliare ha come particolare indicazione il
trattamento di pazienti cronici che devono proseguire l’attività fisica anche
dopo il termine del ciclo iniziale.
Con
questa modalità di istruzione-esecuzione-verifica è possibile raggiungere un
concreto obiettivo educativo all’autogestione dell’attività fisica che può
essere eseguita in condizioni di efficacia e sicurezza per lungo tempo.
Il
limite del metodo, mancando la continua presenza dello staff sanitario, è che
qualche paziente può non giovarsi del proficuo rapporto psicoterapeutico,
considerato fondamentale per ottenere concrete e persistenti modificazioni dello
stile di vita del paziente.
Aspetti
emotivi
Una
patologia cardiaca di solito provoca un’intensa risposta emozionale nei
pazienti. L’ansia e il disagio affiorano dopo aver preso coscienza della
malattia e delle sue conseguenze. La depressione, probabilmente legata alla
sensazione di perdita della piena capacità fisica o della propria potenzialità
individuale è di solito transitoria e può essere caratterizzata da disturbi
quali astenia, malessere aspecifico e riduzione della capacità di acquisizione
e di manipolazione di nuove informazioni.
La
qualità della vita dei pazienti non dipende soltanto da un adeguato allenamento
all’esercizio e dalla mancanza di sintomi durante le normali attività, ma
anche dalla risoluzione emotiva dell’ansia e della depressione.
In
pazienti selezionati è stato dimostrato un miglioramento psicosociale da
riabilitazione: miglior comprensione della cardiopatia, miglior compliance alle
raccomandazioni al trattamento, percezione più positiva di sé, diminuito
stress lavorativo, miglioramento ai test dei tempi di reazione, riduzione del
livello di pressione dell’ansia, riduzione della percezione del dolore
cronico, migliore qualità del sonno, maggior godimento del tempo libero e
maggiore attività fisica e sessuale.
SICUREZZA,
PRECAUZIONI,
PROCEDURE
D’URGENZA
Lo
scopo della riabilitazione è ottenere nel paziente vantaggi fisiologici,
psicologici e professionali ad un rischio accettabilmente basso. Questo può
essere raggiunto attraverso un’attenta valutazione del paziente e attraverso
le capacità professionali e la supervisione dello staff medico e paramedico che
deve essere, se necessario, in grado di praticare un trattamento d’emergenza.
In
questo approccio integrato ci sono almeno due elementi chiave. Il primo è la
stratificazione dei pazienti a seconda della loro condizione di rischio, sia in
acuto per eventi cardiovascolari in corso di training, sia la loro
stratificazione prognostica globale di sopravvivenza libera da eventi ischemici.
Lo stato di rischio è soprattutto in relazione al tipo di malattia
cardiovascolare e alla sua gravità. Il secondo ed egualmente importante
elemento dei programmi di riabilitazione cardiaca è l’appropriato range
d’intensità d’esercizio per ogni determinato paziente, che è in relazione
soprattutto alla sua condizione fisiopatologica e al grado di supervisione e
monitoraggio necessari durante le fasi d’esercizio.
La
normale risposta cardiovascolare all’attività fisica è rappresentata da un
aumento della frequenza cardiaca, della pressione sistolica e diastolica e della
contrattilità miocardica. Il conseguente aumento di consumo d’ossigeno
miocardico e il concomitante aumento di catecolamine circolanti e altre
possibili variazioni metaboliche, contribuiscono ai possibili problemi
cardiovascolari correlati all’esercizio fisico.
Le
complicanze più serie comprendono l’arresto cardiaco, l’infarto miocardico,
le aritmie che necessitano cardioversione, l’edema polmonare, l’embolia
polmonare, la sincope e l’angina instabile.
In
una recente revisione di 167 programmi di riabilitazione fisica supervisionati
è stato valutato che il rischio di arresto cardiaco durante esercizio è di
1:111.996 persona/ore di esercizio e il rischio di morte è di 1:783.972
persona/ore esercizio. Di contro durante lo svolgimento di esercizi
incontrollati e vigorosi, come il jogging, il rischio di morte cardiaca è
maggiore in pazienti cardiopatici (da 1:60.000 a 1:65.000 persona/ore
esercizio), mentre in una popolazione di soggetti apparentemente sani esso è di
circa 1:565.000 persona/ore di esercizio vigoroso.
Risulta
da questi dati come la riabilitazione cardiaca controllata sia una procedura
altamente sicura.
La
percentuale di successo rianimatorio è alta in numerosi studi e va dal 84% al
100%.
Aritmie
cardiache con o senza perdita della coscienza, dolore toracico, scompenso
cardiaco, iper o ipotensione, ipoglicemia, broncospasmo, dispnea, convulsioni,
TIA e problemi muscolo-scheletrici sono alcune delle emergenze che il personale
medico e paramedico addetto alla riabilitazione cardiaca deve essere in grado di
trattare.
I
requisiti standard di sicurezza richiedono quindi la presenza di farmaci
d’urgenza, di un defibrillatore e di personale addestrato in rianimazione
cardiopolmonare.
Certamente
in un’era in cui si discute giornalmente sul rapporto costo-benefici della
tecnologia riguardante la terapia medica e chirurgica, la prevenzione secondaria
di sequele cliniche future di malattie cardiovascolari attraverso cambiamenti
dello stile di vita dovrebbe essere incoraggiata con ogni mezzo.