Torna a Cardio-Pneumo
Clinica
e patogenesi dell'Ipertensione Arteriosa
Di
solito l’ipertensione si manifesta durante l’età giovane-adulta e compare
nel 5-10% dei soggetti tra i 20 e i 30 anni. L’incidenza di ipertensione
continua a crescere con l’età e si riscontra nel 20-25% di soggetti di età
media e nel 50-60% degli adulti al di sopra di 65 anni d’età.
Vari
sono i fattori di rischio che contribuiscono alla possibilità di sviluppo
dell’ipertensione; si tratta di fattori genetici, metabolici e
comportamentali.
I
fattori di rischio metabolici comprendono l’obesità, la resistenza
all’insulina e l’intolleranza al glucosio. Queste condizioni cliniche
provocano un’alterazione del volume vascolare e delle resistenze periferiche
che mediano l’aumento della pressione arteriosa a riposo.
I
fattori comportamentali comprendono l’esposizione ripetuta a stress sociali ed
ambientali eccessivi che portano a un’attivazione cronica del sistema nervoso
simpatico. Altri fattori comportamentali sono l’eccessivo consumo di alcool e
l’abuso di farmaci a scopo ricreativo o stimolante (amfetamina e cocaina) e
probabilmente steroidi anabolizzanti. Sebbene non sia stato dimostrato che il
fumo di tabacco provochi ipertensione sostenuta, esso può far elevare la
pressione arteriosa.
Clinicamente
l’ipertensione si divide in due categorie, ipertensione primaria e secondaria.
L’ipertensione
secondaria rappresenta circa il 5-10% delle ipertensioni. Le più importanti
cause sono renali, endocrine e vascolari. Bisogna prendere in considerazione
cause secondarie quando un’ipertensione si sviluppa in un paziente giovane, o
s’instaura rapidamente in un adulto senza precedente storia di ipertensione.
Inoltre occorre esaminare più a fondo i soggetti ipertesi quando
l’ipertensione risponde poco alla terapia tradizionale. Le cause renali ed
endocrine d’ipertensione secondaria sono sempre più spesso trattate con
successo con terapia chirurgica o medica.
A
prescindere dalla causa, l’aumento della pressione arteriosa provoca
modificazioni anatomopatologiche delle camere cardiache e del sistema vascolare.
La
tipica risposta è l’ipertrofia ventricolare sinistra che è già visibile
all’ecocardiografia in presenza di ipertensione borderline o lieve. In caso di
ipertensione sostenuta aumenta l’ipertrofia ventricolare sinistra concentrica
e si osserva un anormale rilasciamento diastolico.
Le
modificazioni vascolari comprendono ipertrofia e rimodellamento strutturale
delle resistenze vascolari oltre all’accelerazione dell’aterosclerosi. Le
arteriole renali glomerulari sono tipicamente sensibili alla degenerazione
vascolare ipertensiva. Altrettanto alterate sono le risposte vasodilatatorie del
circolo cerebrale ed il rischio di ictus aumenta significativamente se
l’ipertensione non è trattata. Il danno di solito evolve negli anni.
Le
alterazioni neuroumorali e metaboliche contribuiscono ad un graduale aumento
delle resistenze sistemiche vascolari, caratteristica dell’ipertensione
arteriosa primaria conclamata. L’aumento delle resistenze è probabilmente
mediato dall’attivazione del sistema nervoso simpatico e dagli ormoni pressori,
come l’angiotensina.
L’aumento
delle catecolamine circolanti lo si osserva più comunemente in giovani pazienti
con ipertensione borderline o lieve e la registrazione nervosa diretta dimostra
un aumento dell’attività simpatica in questi pazienti. Infine si verifica
un’alterazione della funzionalità dei barocettori arteriosi, che porta ad un resetting
dei baroriflessi che consente l’instaurarsi di più alti livelli di pressione
arteriosa sistemica.
Numerose
indagini epidemiologiche eseguite in parecchi paesi hanno evidenziato che non è
solo il sodio ad essere implicato nel meccanismo dell’ipertensione. Altri
minerali giocano un ruolo non trascurabile in questa patologia.
Sembra
che una carenza di magnesio, potassio, ma soprattutto calcio risulti
determinante nel provocare i fenomeni dannosi propri dell’ipertensione.Gli
ipertesi hanno una maggiore escrezione di calcio attraverso le urine, oltre ad
un alterato meccanismo di assorbimento e di trasporto intestinale di questo
minerale. Quando l’organismo umano si viene a trovare in questa situazione,
aumenta la secrezione dell’ormone paratiroideo, che come è noto è deputato a
ristabilire l’equilibrio della presenza di calcio prelevandolo dalla massa
scheletrica.
Allorché
il calcio si viene a trovare in una concentrazione superiore alla norma
all’interno delle cellule che costituiscono la muscolatura liscia dei vasi
(fenomeno provocato dall’ormone paratiroideo) lo stato contrattile delle
cellule aumenta dando così luogo ad una vasocostrizione delle arteriole
periferiche e facendo di conseguenza aumentare la pressione arteriosa.
Secondo
stime dell’OMS negli adolescenti appartenenti alle popolazioni occidentali il
fabbisogno stimato in 1200 mg pro die fino all’età di 24 anni pare non venga
interamente coperto per cui viene spontaneo osservare come molti malanni tipici
dell’età avanzata traggano le loro origini in una non corretta alimentazione
durante l’infanzia o la gioventù.
L’ipertensione
grave danneggia l’endotelio delle arterie di medio e grande calibro, compresi
i vasi coronarici e cerebrali. Può anche verificarsi un aumento di produzione e
liberazione di endotelina, che può contribuire alla vasocostrizione coronarica
e cerebrale. Queste modificazioni endoteliali possono contribuire a
un’accelerazione dell’aterosclerosi in presenza di iper-colesterolemia e
alla deposizione miocardica di collagene e contribuiscono alla fibrosi che
spesso si associa all’ipertrofia ventricolare sinistra. Si riduce la
vasomotricità e il flusso a riposo, aumentano la richiesta e il consumo di
ossigeno. L’insufficienza coronarica relativa o assoluta e la fibrosi
miocardica possono fornire inoltre il terreno per aritmie ventricolari.
Torna a Cardio-Pneumo