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ANEMIA
da sport
La
pratica sportiva a livello agonistico si accompagna ad alterazione dei parametri
ematologici ed in particolare dei livelli di emoglobina. All’inizio del
periodo degli allenamenti si osserva in tutti gli atleti un calo del valore di
emoglobina superiore al 10% rispetto al basale, che raggiunge la massima
espressione dopo circa una settimana, tende successivamente a stabilizzarsi e
regredisce al termine della stagione agonistica.
Contestualmente
si assiste ad un consensuale decremento dei livelli di ferritina,
tradizionalmente interpretato come espressione di un depauperamento dei depositi
di ferro. Per indicare l’insieme di queste alterazioni di laboratorio è stato
coniato il termine di "anemia da sport", interpretatata dal punto di
vista patogenetico come il risultato di una condizione di sideropenia.
Attualmente
il termine di "anemia da sport" è stato sostituito dall’espressione
più appropriata di "pseudoanemia diluizionale". Infatti studi
condotti con metodiche radioisotopiche hanno definitivamente dimostrato che in
atleti di entrambi i sessi l’inizio degli allenamenti coincide con
un’espansione del volume plasmatico compresa fra il 10 e il 20%. Si tratta di
una semplice risposta fisiologica all’attività fisica aerobica, sufficiente
per spiegare il calo dei livelli di emoglobina e priva di significato
patologico. Si accompagna infatti ad un incremento della massa eritrocitaria
assoluta, più pronunciato nei maschi rispetto alle femmine.
La
somministrazione di un supplemento di ferro durante la stagione agonistica non
previene il calo dell’emoglobina, ad ulteriore riprova del significato
puramente diluizionale di questa "pseudoanemia".
Allo
stesso modo l’emodiluizione rende conto del calo di ferritinemia che
completa il quadro della pseudoanemia. Analoghe alterazioni sono state osservate
anche a carico di molti parametri ematochimici ed ormonali, tanto che secondo
alcuni studi sarebbe opportuno introdurre un fattore correttivo per l’emodiluizione
nell’interpretazione dei dati di laboratorio in coloro che praticano
un’attività agonistica intensa.
Per
quanto riguarda la ferritina, va pure considerato che si tratta di un
indice soggetto a variazioni spontanee piuttosto ampie, anche a breve termine;
per tale motivo è sconsigliabile basare qualsiasi conclusione su una sola
misurazione. La ferritina è inoltre un indice di massa corporea che determina
un’ulteriore variabilità individuale della ferritinemia a parità di depositi
di ferro. E’ stato recentemente osservato che elevati livelli di ferritina
costituiscono un fattore di rischio per patologia aterosclerotica, soprattutto
nei giovani. Sotto questo profilo il calo della ferritina è quindi un evento
favorevole, in parte inquadrabile nel miglioramento del profilo di rischio
vascolare che si accompagna alla pratica sportiva e che comprende, come ben
noto, l’incremento delle HDL, il calo del peso corporeo totale, degli indici
di massa adiposa, delle LDL, dei trigliceridi, degli acidi grassi non.
Nonostante
il carattere puramente diluizionale della pseudoanemia da sport, esistono vari
fattori, direttamente o indirettamente connessi con la pratica sportiva, che
pongono gli atleti a rischio di sideropenia (riduzione
della quantità corporea totale di ferro) e, più genericamente, di
anemia. Si deve inoltre considerare che questi fattori interessano in maniera
differente i singoli atleti, cosicché si possono identificare livelli di
rischio diversi a seconda delle caratteristiche dei soggetti e della disciplina
sportiva praticata.
La
sideropenia non riconosciuta può avere effetti negativi sia sui risultati della
pratica sportiva sia sulla salute stessa dell’atleta; al contrario
somministrare un supplemento marziale a soggetti che non ne necessitano, è
sicuramente inutile e in alcuni casi dannoso.
Il
compito della medicina sportiva è quello di individuare le categorie di atleti
realmente a rischio di anemia, ed indurre con le opportune misure di profilassi.
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