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Nel
corso degli ultimi anni le complicanze o reazioni collaterali sfavorevoli della
trasfusione non sono diminuite come ci si sarebbe potuto attendere in
considerazione dei cospicui progressi cognitivi e tecnologici verificatisi. Il loro elenco si è
anzi notevolmente ampliato per il diverso combinarsi di vari fattori, tra i
quali:
-
il progressivo aumento
delle conoscenze sui rapporti esistenti tra trasfusione e comparsa di
disturbi;
-
le
sempre maggiori possibilità diagnostiche;
-
l'aumentato impiego di
terapie trasfusionali più intensive e protratte nel tempo;
-
l'estensione della
terapia trasfusionale a un numero sempre maggiore di pazienti immunodepressi
per malattie o trattamenti con farmaci antiblastici immunosoppressivi.
In passato l'esigenza di
raccogliere i dati relativi al donatore e al ricevente nonché alle procedure
tecniche per lo studio della compatibilità e validità biologica non era molto
sentita e la maggiore carenza riguardava il rilievo delle complicanze nel soggetto trasfuso. L'interesse si limitava in genere solo alle complicanze
più gravi, come le reazioni emolitiche gravi e le più
evidenti malattie infettive.
In
anni più recenti si è invece avvertita nei più avanzati sistemi trasfusionali
europei la necessità di sistematizzare quella che era in precedenza un'opera
sostanzialmente volontaristica.
Per identificare l'insieme delle iniziative
rivolte alla vigilanza sugli effetti indesiderati della terapia trasfusionale è
stato attualmente
introdotto
il termine di emovigilanza, sviluppando questo
concetto in analogia a quello di farmacovigilanza che contraddistingue le
iniziative dirette alla raccolta dei dati sulle complicanze delle terapie
farmacologiche
Per emovigilanza si intende il
processo di stesura, raccolta ed analisi di informazioni sugli effetti
sfavorevoli e inattesi della terapia trasfusionale, al fine di contribuire a
migliorarne la sicurezza:
-
fornendo alla comunità
medica valide informazioni circa gli effetti dannosi della trasfusione;
-
indicando le misure
correttive richieste per prevenire il ripetersi di alcuni incidenti o di
disfunzioni nelle procedure trasfusionali;
-
richiamando l'attenzione di
Ospedali e Servizi Trasfusionali sugli eventi dannosi che possono coinvolgere
più soggetti anziché un singolo ricevente, compresi quelli correlati con la
trasmissione di malattie infettive o con i contenitori, le soluzioni
anticoagulanti e additive o con le procedure di raccolta e la preparazione
degli emocomponenti, prevenendo, in definitiva, la loro diffusione.
Con questi intenti è stato
realizzato in
Francia il sistema dell'Hemovigilance,
attualmente il
più completo e articolato tra quelli esistenti. Nel Regno Unito nel
novembre 1996 è stato lanciato un programma di emovigilanza (diventato operante
nel 1998) denominato SHOT (Serious Hazards of Transfusion) che coinvolge
l'Inghilterra, la Scozia, il Galles e l'Irlanda del Nord.
Negli Stati Uniti non
esiste un programma di emovigilanza a livello nazionale, ma solo l'obbligo di
legge di comunicare al Centre for Biologics Evaluation and Research della FDA i
casi di complicanze mortali della trasfusione. In altri Paesi (Germania,
Olanda, Norvegia ed altri) le iniziative attuate al riguardo
rimangono sostanzialmente ancora a livello locale e senza un organico
coordinamento nazionale.
In Italia si sta
attualmente formando un coordinamento su base nazionale, ai fini di
sistematizzare i vari studi finora condotti dall'Istituto Superiore della Sanità
in collaborazione con i Servizi Trasfusionali della SIMTI soprattutto sulla
trasmissione delle malattie infettive, allargando nel contempo l'analisi a tutte
le altre complicanze, sulla base di varie leggi e decreti che forniscono delle regole generali per
organizzare alcuni aspetti dell'emovigilanza.
Gli aspetti del processo
trasfusionale specificamente regolamentati consistono in:
-
standardizzazione per le procedure di screening delle donazioni e quelle per la
preparazione degli emoderivati;
-
programma di
valutazione della qualità interna ed esterna;
-
approvazione e
registrazione dei differenti kit di reagenti per test virali da parte del
Ministero della Sanità;
-
valutazione sul
campo delle loro performances da parte di un apposito gruppo di lavoro della
SIMTI;
-
linee guida e
standard di medicina trasfusionale, pianificati da un apposito gruppo di lavoro
della SIMTI;
-
programma sulla
sicurezza della qualità totale, sviluppato dalla SIMTI;
-
programmi di
look-back eseguiti dai singoli servizi trasfusionali per denuncia di danno
biologico; alcune leggi regionali, che raccomandano di regolamentare
l'emovigilanza;
-
controlli
eseguiti dal Servizio Sanitario Nazionale, su plasmaderivati, considerati come
"prodotti medicinali". Lo stato controlla anche l'industria privata autorizzata
a produrre prodotti plasmatici.
L'avviamento del sistema prevede infine, in
analogia a quanto fatto in Francia e nel regno Unito, alcune tappe già definite:
-
messa a punto
di procedure e diagrammi di flusso per le notifiche di eventi post-trasfusionali
avversi;
-
predisposizione della
raccolta, dell'analisi e della divulgazione dei dati da parte della stessa struttura
centrale;
-
promozione di
verifiche e meccanismi di ispezioni che abbiano lo scopo di fornire una pratica
sicura ed efficace e di garantire la sicurezza sul posto di lavoro;
-
creazione di
banche dati di donatori di sangue a livello regionale e nazionale.
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