Indicazioni per la gestione
delle complicanze della trasfusione |
|
Causa ed effetti |
Momento di insorgenza
e frequenza |
Gestione,
terapia e prevenzione |
|
REAZIONI ACUTE |
|
Emolisi intravascolare
acuta |
Incompatibilità AB0.
In genere dovuta a errori
gestionali: campione prelevato a paziente diverso o trasfusione ad altro
paziente.
Mortalità elevata, di circa
il 10%, da CID e insufficienza renale acuta. L’evoluzione mortale di questo
quadro dipende dalla quantità di sangue trasfuso e dalla patologia di base
del paziente. |
Spesso dopo pochi mL
di infusione. Si ritiene che la frequenza sia 1 caso ogni 600 mila unità
trasfuse. |
Gestione: Arrestare
definitivamente la trasfusione mantenendo aperta la via di infusione venosa.
Inviare al SIT una provetta di sangue coagulato e una di sangue
anticoagulato con EDTA, prelevate dal braccio controlaterale, assieme
all’unità trasfusionale ed al set di infusione.
Raccogliere
le urine per la ricerca dell’emoglobina
Richiedere:
emocromo, PT, aPTT, fibrinogeno, aptoglobina, bilirubina
Terapia:
La terapia deve
essere volta a combattere lo shock (mantenere
la PA e la perfusione renale)
e l’eventuale coagulazione intravascolare disseminata. Il ripristino di una
sufficiente pressione arteriosa serve inoltre a ripristinare la diuresi,
(che deve essere sempre mantenuta sopra i 100 mL/h), permettendo quindi, tra
l’altro, l’eliminazione dell’emoglobina che può aggravare il danno renale
(causato comunque dallo shock) allorché precipiti nei tubuli. Per
ripristinare una corretta diuresi si può ricorrere anche a diuretici (tipo
furosemide). Per evitare l’acidosi metabolica si possono usare soluzioni
elettrolitiche a base di bicarbonato.
Trasfondere emazie compatibili.
Prevenzione: attuare
un adeguato controllo delle modalità di prelievo campioni e somministrazione
di sangue.
|
Reazione febbrile non
emolitica |
Presenza di anticorpi
antileucocitari in paziente gravida o precedentemente trasfuso, che
reagiscono contro i leucociti nel sangue trasfusionale.
Non pericolosa per la
vita. |
Verso la fine della
infusione o dopo qualche ora dal termine della trasfusione.
Frequenza: 0,5-1% delle
trasfusioni di emazie ma cresce nei politrasfusi. Oggi più rara dato il
crescente uso di frazioni ematiche deplete di leucociti. |
Gestione:
Sospendere la trasfusione.
Controllare il rialzo
termico escludendo reazioni emolitiche o contaminazione batterica.
Terapia: Trattabile
con Paracetamolo o altri antipiretici. |
Orticaria |
Presenza di anticorpi
contro proteine plasmatiche infuse o infusione di allergene per cui esistono
nel paziente anticorpi IgE. Più frequente con le trasfusioni di piastrine o
plasma che con quelle di emazie.
Non pericolosa per la
vita. |
Durante la
trasfusione. Frequenza 1-2% dei casi |
Gestione: Arrestare temporaneamente la trasfusione
e riprenderla dopo terapia anti-allergica, se efficace.
Terapia:
antistaminici, es. clorfeniramina 10-20 mg IM o EV
Prevenzione:
premedicare con clorfeniramina 10-20 mg prima della trasfusione in pazienti
con storia di precedenti episodi |
Anafilassi |
In alcuni pazienti si
trovano anticorpi contro le IgA del sangue trasfuso. Spesso questi pazienti
presentano deficit di IgA.
Potenzialmente letale. |
Rarissima |
Terapia: mantenere
la pervietà delle vie aeree. Somministrare Adrenalina 0,5-1 mg IM e
Clorfeniramina 10-20 mg mediante EV lenta. Ripetere l’iniezione di
Adrenalina ogni 10 minuti fino al miglioramento.
Prevenzione:
utilizzare emazie lavate e piastrine o plasma da donatori con deficit di
IgA, oppure sangue autologo.
|
Contaminazione
batterica (shock
settico) |
Contaminazione
batterica del materiale trasfusionale, ad esempio da Pseudomonas, Yersinia,
Stafilococchi.
Mortalità altissima. |
In genere durante
l’infusione dei primi 100 mL della unità contaminata.
Frequenza:
Rara, circa 1 caso ogni 2 milioni di unità trasfuse. |
Terapia: gestione
della setticemia, terapia antibiotica e fluidi. La terapia specifica è
legata a riconoscimento dell’agente.
Prevenzione: si
basa sulla sull’accurata disinfezione della cute del donatore, sui controlli
delle procedure usate nella raccolta e nel frazionamento, sulla cura nel non
interrompere la conservazione alla temperatura ottimale di 2-6°C, dopo che
l’unità è uscita dalla frigoemotecha e su di un attento controllo ispettivo
delle caratteristiche del sangue prima della sua infusione (colore,
limpidezza, segni di emolisi). |
TRALI (Transfusion
related acute lung injury) |
Il plasma del donatore
(in genere donne multipare) presenta anticorpi contro i leucociti del
paziente. Clinicamente, reazione respiratoria acuta con febbre, tosse,
dispnea e tipico quadro radiografico del torace.
Potenzialmente letale. La
mortalità rimane ancora compresa tra i 5% ed il 20% dei pazienti colpiti. |
Durante o subito dopo la
trasfusione.
Rara |
Gestione:
Nel caso si sospetti una TRALI si deve
immediatamente interrompere la trasfusione e mettere in atto un
trattamento terapeutico.
Terapia:
Possono essere necessari l’intubazione del paziente ed
il ricovero in un’unità di terapia intensiva fino al riassorbimento del
liquido
(provvedimenti come per una sindrome da distress respiratorio acuta). |
|
COMPLICANZE
RITARDATE |
|
Emolisi
tardiva |
Il paziente ha IgG
contro anticorpi delle emazie quali Rh, Kidd, Kell, Duffy, per precedenti
gravidanze o trasfusioni. Gli anticorpi non sono rilevabili nelle prove
crociate ma la trasfusione causa una risposta immunitaria secondaria che
scatena la emolisi |
5-10 giorni dopo la
trasfusione.
Frequenza: meno
di in caso ogni 500 trasfusioni di emazie. |
La complicanza è un
effetto trasfusionale meno valido del previsto.
Non necessita di per sé di
terapia ma la presenza di anticorpi è un problema per ulteriori trasfusioni.
Il trasfusionale deve registrare la presenza di anticorpi nel paziente, in
modo da avere l’informazione disponibile per eventuali ulteriori test di
compatibilità in futuro. |
GvHD-ta: Reazione
Graft versus Host associata alla trasfusione |
Reazione immunitaria
dei linfociti T del donatore contro il ricevente che spesso è
immunodeficiente, esempio sottoposto a trapianto di midollo osseo autologo,
malattia di Hodgkin, feto ricevente trasfusione di sangue intrauterina.
Clinicamente: febbre, rash cutaneo, insufficienza epatica e renale,
pancitopenia.
In genere fatale. |
4-30 giorni dopo la
trasfusione.
Rara, approssimativamente
1 caso ogni 750 mila unità di componenti ematiche cellulare trasfuse. |
Terapia:
trattamento specialistico.
Prevenzione:
dal momento che la
GvHD-ta può essere prevenuta se la terapia trasfusionale viene praticata
con emocomponenti irradiati con raggi
y
(a dosi di 25-50 Gy /
250-500 Rad)
allo scopo di inattivare la funzione dei leucociti, è intuitivo che tutti i
pazienti trapiantati, sia con cellule staminali emopoietiche che con organi,
debbano essere sempre trasfusi con preparati sottoposti a questa procedura.
La leucodeplezione da sola non si è rivelata efficace.
|
Porpora
post-trasfusionale |
Trombocitopenia
immuno-mediata, in genere si manifesta in donne gravide.
Nel siero delle pazienti
sono rilevabili anticorpi conto antigeni piastrinici umani (HPAs), in genere
HPA-1a.
La trombocitopenia è
in genere severa e può causare emorragia. |
5-12 giorni dopo la
trasfusione. Rara |
Terapia: la terapia che si è dimostrata efficace, almeno parzialmente, è
quella con corticosteroidi, Ig ad alte dosi per via endovenosa (0.4
g/kg di peso corporeo per 5 gg) e
plasma-exchange; sono questi i presidi terapeutici che hanno consentito di
ridurre al 10% dei casi l'alta mortalità osservata in passato in questi
pazienti.
La trasfusione di piastrine è
inutile, anche quando si impiegano donatori di piastrine HPA-1a negative.
Prevenzione: nelle
trasfusioni successive, usare emazie HPA-1a negative e trasfusione di
piastrine. In caso di indisponibilità delle emazie HPA-1a negative, usare
emazie deplete di leucociti.
|
Infezione post-trasfusionale |
Infezione nel
donatore non rilevata nello screening pre-donazione. |
Dipende dal germe: mesi o
settimane dopo la trasfusione (HIV < 1 ogni 3 milioni, HBV e HCV < 1 ogni
200 mila). |
Terapia:
la terapia è quella propria dell’infezione in corso.
Prevenzione:
la prevenzione è legata ad un'accurata selezione del donatore, ad una
efficace diagnostica di laboratorio e ad una eventuale inattivazione
dell’emocomponente.
Tutti i
pazienti sieronegativi per CMV con disordini ematologici o con altre
malattie che prevedano la necessità di un trapianto di midollo dovrebbero
essere trasfusi con componenti sieronegativi per CMV. |
Alterazioni
metaboliche |
Intossicazioni da citrato |
|
L'effetto può essere neutralizzato
dall'infusione di calcio cloruro. Per grandi quantità di emocomponente
trasfuso, specialmente plasma, può essere indicata la somministrazione
profilattica di calcio. |
Intossicazione da potassio |
|
La prevenzione è legata all’impiego di
emazie concentrate di recente preparazione per i pazienti con
insufficienza renale |
Acidosi |
|
Nei pazienti con
segni di acidosi può essere presa in considerazione una correzione del pH
con alcalinizzanti. |
Reazioni da sostanze
vasoattive |
|
Trattamento sintomatico |
Insufficienza cardiaca congestizia da
sovraccarico di volume |
|
|
Gestione: i
sintomi di solito migliorano se si sospende la trasfusione
Terapia: al
paziente, posto in posizione seduta, vanno somministrati ossigeno e
diuretici per rimuovere l'eccesso di liquidi. Nel caso non si verifichino
miglioramenti, può essere necessario procedere ad un salasso.
Prevenzione: per
evitare l'ipervolemia, i pazienti a rischio di sovraccarico, in
particolare quelli con anemizzazione cronica e volume plasmatico espanso e
quelli con funzione cardiaca e/o polmonare compromessa, non devono essere
trasfusi ad una velocità superiore a 2-4 ml/kg/ora. |
Sovraccarico di ferro |
Un'unità di emazie
contiene
250 mg di ferro.
Rischio per i pazienti
politrasfusi.
Causa danno epatico e
cardiaco. |
Dopo parecchi anni di
frequenti trasfusioni |
Può
essere usata la desferroxiamina, che è in grado di legare il ferro in
eccesso e favorirne l'eliminazione urinaria
in pazienti in cui è
prevedibile un elevato numero di trasfusioni. Il desferal viene somministrato per
mezzo di apposite pompe che lo iniettano sottocute a piccole dosi in un
periodo prolungato di tempo, facilitandone così l'azione.
In alcuni casi selezionati si può invece procedere
all’eritro-exchange. |