FALASCA   Dott.  Giampaolo

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                                                                           Specialista in psicoterapia                                                                         

                                                          PSICOTERAPEUTA

 

By:Federico Cappello

 

 

 

 
 
 

Centro di Fisica Ambientale

RadonItalia

 

 

PRESENTAZIONE

DELLA TERAPIA SOMATOPSICHICA

IDEATA DAL PROF. FALASCA

Secondo l’impostazione cognitivo – comportamentale

Ansia, depressione, rabbia, colpa, vergogna, sono emozioni che proviamo quotidianamente. Quando le emozioni sono troppo intense o durature rispetto alla situazione nella quale ci troviamo, possiamo considerare l'eventualità di avere un problema emotivo. Per esempio, se una discussione con qualcuno ci fa star male per alcuni giorni, se piccoli difetti nelle cose che facciamo ci fanno sentire delle nullità, se compiere attività quotidiane, come fare la spesa o parlare con i colleghi di lavoro, genera un'ansia intollerabile, siamo probabilmente di fronte ad un disagio psicologico che può richiedere un intervento professionale.

La Psicologia, fin dagli albori, si è occupata dei problemi emotivi con risultati non sempre entusiasmanti. Soltanto in questi ultimi anni possiamo realmente affermare di possedere una serie di procedure rigorose e scientificamente valutabili (e valutate!) per il loro trattamento.
Un più efficace approccio alla gestione dei problemi emotivi coincide con la comparsa e la diffusione, nel mondo della psicologia, del modello cognitivo - comportamentale negli anni Sessanta.

Tale modello postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, sottolineando come molti dei nostri problemi ( tra i quali quelli emotivi) siano influenzati da ciò che facciamo e ciò che pensiamo nel presente, qui ed ora.
Questo vuol dire che agendo attivamente ed energicamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti attuali, possiamo liberarci da molti dei problemi che ci affliggono da tempo.

La psicoterapia cognitivo - comportamentale (PCC) sta quindi assumendo il ruolo di trattamento psicologico d’elezione per la stragrande maggioranza dei problemi emotivi e comportamentali.

Si tratta di una disciplina scientificamente fondata, la cui validità è suffragata da centinaia di studi, principalmente, ma non solo, per la diagnosi e la cura in tempi brevi di:

Depressione e disturbi dell’umore;

Ansia, fobie, attacchi di panico e ipocondria;

Ossessioni e compulsioni;

Ansia o preoccupazione generalizzate;

Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, etc.);

Stress, disturbi psicosomatici e cefalee;

Disfunzioni sessuali (eiaculazione precoce, anorgasmia, etc.);

Abuso e dipendenza da sostanze (alcool, droghe, etc.);

Disturbi della personalità;

Insonnia;

Difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali e comportamento impulsivo;

Problemi di coppia;

Difficoltà nella scuola o nel lavoro;

Bassa autostima.

La psicoterapia cognitivo - comportamentale, come suggerisce il termine, combina due forme di terapia estremamente efficaci:

La psicoterapia comportamentale: aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da sentirsi meglio e poter riflettere e prendere decisioni in maniera più lucida.

La psicoterapia cognitiva: aiuta ad individuare certi pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona.

Quando sono combinate nella PCC, queste due forme di trattamento diventano un potente strumento per risolvere in tempi brevi forti disagi psicologici.

La psicoterapia cognitivo - comportamentale è:

Scientificamente fondata. È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo - comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato dimostrato che la PCC è efficace almeno quanto gli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.

 

Orientata allo scopo. La PCC è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il terapeuta cognitivo - comportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti.

 

Pratica e concreta. Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l'eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell'isolamento sociale, e così via.

Centrata sul "qui ed ora". Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli. La PCC quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause. La PCC è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato.

 

Attiva. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta per volta. Nella PCC il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta "psico - educativo". Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista.

 

Collaborativa. Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La PCC è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell'identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza.

 

A breve termine. La terapia cognitivo - comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito. La durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall'uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

Qui di seguito sono elencate alcune tra le domande che più frequentemente ci vengono rivolte al fine di chiarire qualche dubbio che ovviamente insorge leggendo la definizione fondamentale della Psicoterapia cognitivo – comportamentale sono:

Per chi è adatta la psicoterapia cognitivo - comportamentale?

Per quali disturbi è indicata la psicoterapia cognitivo - comportamentale?

Quanto dura una psicoterapia cognitivo - comportamentale?

Con che frequenza è necessario vedere il terapeuta?

Come è considerato l’uso degli psicofarmaci?

Dove posso trovare un terapeuta cognitivo - comportamentale?

In che modo vengono valutati i pazienti?

Come sono impostate le sedute?

E’ previsto del lavoro da fare a casa fra le sedute?

Cosa succede se non piace il terapeuta?

Per chi è adatta la psicoterapia cognitivo – comportamentale?

La PCC è fondamentalmente adatta a chiunque possa necessitare di una psicoterapia in generale. Età e sesso non sono assolutamente determinanti e sono esclusi forse soltanto i bambini troppo piccoli. E’ certamente utile che il paziente possieda una certa motivazione, poiché se egli si aspetta risposte magiche o miracolose o pretende che tutto il lavoro venga fatto dal terapeuta, resterà sicuramente deluso da questo approccio. Se il paziente non si impegna, i risultati che ottiene nel campo della psicoterapia cognitivo - comportamentale saranno gli stessi che ottiene in qualsiasi altro campo. Inoltre è importante che il paziente possieda una certa capacità di introspezione, perché buona parte del lavoro terapeutico consiste nell’analisi dei pensieri e delle emozioni che il paziente stesso vive. Infatti nel modello funzionale cognitivo - comportamentale il disagio psichico (come la depressione o l’ansia o le fobie) è prodotto da idee e pensieri disfunzionali e/o irrazionali: il lavoro terapeutico è centrato sulla scoperta e sulla correzione di queste idee.

Per quali disturbi è indicata la psicoterapia cognitivo – comportamentale?

La PCC ha storicamente le sue maggiori applicazioni nel trattamento della depressione, dei disturbi d’ansia, delle varie forme di fobie e in parte dei disturbi ossessivi compulsivi. Poi lo sviluppo delle teorie e il conseguente sviluppo di nuovi strumenti terapeutici ha permesso di affrontare efficacemente anche i disordini del comportamento alimentare come l’anoressia o la bulimia. Esiste infine una feconda tradizione di carattere maggiormente comportamentista sul trattamento e la riabilitazione dei pazienti psicotici.

Quanto dura una psicoterapia cognitivo – comportamentale?

La PCC ha sempre presentato due aspetti caratteristici:

- la tendenza a lavorare su un problema definito
- la relativa brevità

Il primo aspetto è riferito al fatto che il terapeuta ed il paziente insieme evidenziano un problema e si concentrano su questo alla ricerca di una soluzione. Una volta trovata e consolidata essa, si può decidere di far terminare la terapia o di lavorare su un altro problema. Il secondo aspetto è collegato al primo. La durata è chiaramente determinata da diversi fattori (la gravità del problema, la motivazione del paziente, lo stabilirsi di una buona relazione terapeutica, ecc.), ma generalmente il periodo di trattamento è costituito da 15/30 sedute. L’obiettivo è insegnare al paziente strategie più efficaci per risolvere i propri problemi, cosicché le possa mettere in atto quando si troverà di fronte a nuovi problemi.

Con che frequenza è necessario vedere il terapeuta?

La risposta a questa domanda dipende dalle necessità individuali e dal modo in cui il terapeuta è solito lavorare. Generalmente, comunque, è lecito aspettarsi di iniziare il trattamento con una seduta a settimana per poi eventualmente diradarle nell’ultima fase della terapia. In pochi e particolari casi, solitamente in fase di crisi, è possibile iniziare con due o più sedute settimanali fino a che le condizioni del paziente non si stabilizzano ed è possibile ridurre a cadenza settimanale.

Come è considerato l’uso degli psicofarmaci?

Gli psicoterapeuti cognitivo - comportamentali sono spesso favorevoli all'uso integrato di farmaci e psicoterapia. Per alcune persone può essere necessario ottenere una parziale riduzione dei sintomi mediante farmaci prima di impostare una psicoterapia efficace; per altre, soprattutto nei casi più gravi, è consigliabile mantenere affiancate le due forme di terapia, avendo la ricerca ampiamente dimostrato la migliore efficacia dei trattamenti combinati, rispetto ad entrambi i trattamenti da soli. Quando è possibile, tuttavia, si preferisce provare con la sola psicoterapia prima di prescrivere medicine, per diversi motivi. Le benzodiazepine, i più comuni tranquillanti (es. Xanax, Transene, Valium, Tavor, Roipnol, ecc.), proprio perché hanno un effetto tangibile e quasi immediato, possono dare problemi di assuefazione (si deve aumentare sempre la dose per ottenere il medesimo effetto) e dipendenza se assunti per un periodo prolungato; complicazione che è bene evitare. Nonostante la loro fama i moderni antidepressivi (es. Prozac, Zoloft, Sereupin, ecc.) sono efficaci in un 60-70% dei casi ed è spesso necessario provarne più di uno per trovare quello adatto; essi inoltre richiedono dalle 2 alle 4 settimane di trattamento per poter cominciare a percepire qualche effetto (o per dichiararne l’inefficacia e cambiare prescrizione). Infine tali farmaci non sono esenti da effetti collaterali, come ad esempio perdita dell’appetito, nausea, insonnia. In ogni caso è stato dimostrato che la PCC è efficace almeno quanto tali farmaci, ma estremamente più efficace nel prevenire le ricadute, assai frequenti dopo la sospensione di un trattamento farmacologico. I farmaci IMAO presentano innumerevoli effetti collaterali (crisi ipertensive, infarti e anche morte) e sono quasi stati abbandonati. Il Litio, infine, noto stabilizzatore dell’umore, spesso usato per anni come terapia di mantenimento per la depressione, può essere estremamente tossico se la sua assunzione non è continuamente adattata ai livelli di litiemia dell’organismo, periodicamente controllati; è comunque un farmaco da usarsi in casi particolari e sotto stretta sorveglianza di un medico specialista.

Dove posso trovare un terapeuta cognitivo – comportamentale?

Ci sono due Associazioni in Italia che si occupano di formare e abilitare psicologi o medici italiani alla pratica della psicoterapia cognitivo - comportamentale.
AIAMC (Associazione Italiana Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva) e SITCC (Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva). Ognuna di queste patrocina alcuni Istituti nelle varie città d’Italia.
Su questo sito potrete trovare tutti le informazioni sui terapeuti AIAMC e sugli Istituti riconosciuti dall’Associazione, fra cui figura anche il nostro. (sito ufficiale: www.falasca.it) Per i terapeuti SITCC è possibile rivolgersi direttamente alla segreteria dell’Associazione.

In che modo vengono valutati i pazienti?

La terapia cognitivo - comportamentale inizia con una fase di valutazione che può occupare una o più sessioni. Il terapeuta richiederà la compilazione di una serie di questionari auto-redatti per rilevare la gamma dei possibili sintomi e problemi. Questi valutano principalmente depressione, ansia, rabbia ed ostilità, paure, disagi fisici, personalità e qualità delle relazioni. Il terapeuta analizzerà anche, con il paziente, le varie situazioni e tipi di relazioni che possono causare difficoltà. In particolar modo, il terapeuta si proporrà di conoscere quali tipi di pensieri e credenze possa avere il paziente, quali modalità di comportamento adotti ed il suo stile di comunicazione e di ascolto. Lo scopo di tale valutazione è quello di raccogliere una quantità sufficiente di informazioni in modo tale che il paziente ed il terapeuta possano conoscere in breve tempo il tipo di problemi che il paziente ha (o non ha) ed il loro grado di rilevanza, per formulare insieme un piano di trattamento adeguato.

Come sono impostate le sedute?

La terapia cognitiva cerca di lavorare in maniera efficiente durante i 50/60 minuti di seduta. Diversamente da altre modalità non strutturate, il paziente ed il terapeuta stendono generalmente un piano di lavoro per ogni seduta. Tale piano può includere osservazioni, commenti e prescrizioni sull'esperienza relativa alla seduta precedente, sul lavoro a casa, su uno o due problematiche del momento, su ciò che si è rilevato nella seduta, sul lavoro a casa relativo alla seduta successiva. Lo scopo è quello di provare ed imparare a risolvere problemi, non semplicemente di lamentarsene.

E’ previsto del lavoro da fare a casa fra le sedute?

Se vi affidate ad un istruttore personale in un centro di fitness, vi aspettate di ricevere istruzioni su come esercitarsi in assenza dell'istruttore. La stessa cosa vale per la terapia cognitivo - comportamentale. Quello che viene appreso in terapia è anche ciò che viene praticato al di fuori di essa. Vi sono ricerche che dimostrano come pazienti che svolgono compiti a casa migliorano prima e stanno meglio più a lungo. Il lavoro a casa può includere il prendere nota dei propri stati d'animo, pensieri e comportamenti, il pianificare le attività, il riconoscimento dei pensieri negativi, la raccolta di informazioni, la modifica del modo di comunicare con gli altri, ed altri compiti del genere.

Cosa succede se non piace il terapeuta?

Le differenze fra paziente e terapeuta possono insorgere così come in qualsiasi relazione umana significativa. È consigliabile avere con il proprio terapeuta un buono scambio comunicativo. Il terapeuta tenta in genere di assestare la modalità di approccio in modo da adeguarsi alle specifiche necessità ed alla sensibilità del paziente. Può tuttavia accadere che il terapeuta non riesca ad instaurare un buon rapporto con il paziente, nonostante stia facendo del suo meglio per comprendere il significato che i suoi problemi hanno. Comunque se si è provato a discutere di questo con il proprio terapeuta e nonostante tutto non ci si sente ancora a proprio agio, è possibile che si possa desiderare di cambiare terapeuta. Molti pazienti ritengono che il cambiamento li aiuti a risolvere i problemi in modo più veloce. I terapeuti onesti sono del resto consapevoli del fatto che la grande capacità tecnica può non essere di aiuto al paziente se non riesce ad instaurare con lui una buona relazione di fiducia e stima reciproca; in tal caso essi stessi potranno suggerire un collega che ritengono più adatto allo scopo.

LINEAMENTI SCIENTIFICI DELLA MIA

TERAPIA SOMATOPSICHICA

Analizzando i risultati ottenuti dalla somministrazione ortodossa delle terapie cognitive –comportamentali, ho potuto osservare che il punto debole di questa impostazione è legato alla mancanza di un corretto sistema per l’insegnamento del rilassamento che, oltre ad avere una base fondamentale di partenza, dovrebbe prevedere una personalizzazione per ogni singolo caso.

Analizzando i risultati relativi le mie ricerche sulla somministrazione di una terapia cognitivo – comportamentale, per un periodo di trattamento costituito da 15 – 30 sedute condotte su di un gruppo di 24 persone di entrambi i sessi, di età compresa tra i 35 e i 55 anni, tutti sofferenti di depressione da più di 1 anno, si osserva che:

- nel 15% dei casi vi sono stati miglioramenti apprezzabili;

- nel 25% dei casi i miglioramenti sono stati appena accettabili;

- nel numero restante dei casi i miglioramenti sono stati nulli o non

soddisfacenti

L’insoddisfazione per questi risultati mi ha spinto ad integrare questa terapia, prima di tutto attraverso l’ideazione di un valido sistema di rilassamento che sostituisse l’azione svolta dagli psicofarmaci

colpevoli secondo me, di impedire al paziente l’elaborazione della necessaria motivazione alla terapia. Ho integrato quindi la Terapia cognitivo - comportamentale con la mia Terapia Somatopsichica che ne è un completamento, pur assumendo, nel suo ambito di competenza, le caratteristiche di una vera e propria terapia a sé stante.

La mia Terapia Somatopsichica insegna l’uso dell’autocontrollo, che avviene successivamente all’apprendimento delle appropriate tecniche di percezione psicocorporea, attraverso le quali si raggiunge il vero rilassamento, inteso come assenza di tensione.

Rileva i blocchi emotivi, modifica la respirazione, individua e rilassa le parti contratte, migliora la capacità di autocontrollo, realizza un grado di tensione ottimale e così, ad esempio, diminuisce l’intensità dei riflessi rotulari fino a sopprimerli, attenua notevolmente la corrente elettrica prodotta dal lavoro muscolare, dilata i vasi provocando un aumento della temperatura della pelle e degli scambi calorici con l’esterno, aumenta la temperatura cutanea a livello delle dita di circa due gradi e quella interna di 1/3 di grado, aumenta il volume e il peso degli arti perché, di conseguenza, è aumentato anche il volume di vene e capillari: in soggetti ipertesi si rileva una diminuzione della tensione arteriosa del 10/20% nei soggetti tachicardici si assiste ad una notevole diminuzione del ritmo cardiaco.

A livello del tubo digerente, l’andamento generale dei movimenti dello stomaco si modifica, con un passaggio senza contraccolpi e senza rotture di ritmo.

Il cardias e il pirolo si dilatano al massimo e si chiudono completamente anche in soggetti che presentano disturbi funzionali.

A livello biochimico si nota una diminuzione del colesterolo nel sangue e una tendenza alla normalizzazione della funzione tiroidea.

A livello cerebrale si è osservato un rafforzamento del ritmo Alfa, cioè di quelle onde che il cervello emette quando è in stato di tranquillità, e di onde Theta che corrispondono ad un intenso senso di beatitudine.

A livello psicologico la nostra tecnica produce uno stato di pace, di serenità, di disponibilità, stati che corrispondono ad un riposo più profondo durante il sonno.

A livello respiratorio un’errata respirazione provoca la crisi spasmofiliaca, perché nel sangue arterioso si verifica un’intensa alcalosi con diminuzione del calcio plasmatico ionizzato, alterazione dei fenomeni elettrici a livello delle cellule, per fuga del potassio verso l’esterno, diminuzione della quantità di sangue che raggiunge il cervello e del suo volume, con una diminuzione della tensione arteriosa e di una accelerazione del polso, per cui le orecchie possono ronzare o fischiare, si possono avere impressioni visive di annebbiamento, sensazioni di pizzicore, formicolii, crampi alle mani, alla bocca, ai muscoli della nuca e, talvolta ai piedi e alle gambe mentre, attraverso la NOSTRA TECNICA, riusciamo a provocare una diminuzione della vigilanza, a diminuire l’attività psicomotoria, ad aumentare la tolleranza al dolore, a diminuire l’aggressività e l’ansia, a provocare euforia, a diminuire le sensazioni provenienti dagli organi, grazie a una diminuzione del numero delle respirazioni al minuto, ad un allungamento cioè della durata del ciclo respiratorio.

Insomma, in conclusione, quello che ho realizzato è una TERAPIA che rieduca il corpo all’ascolto di sé stesso, che aumenta la presa di coscienza delle sensazioni, che ripristina l’equilibrio psicosomatico, portando gradatamente il paziente ad apprendere a trasformare il proprio corpo dalla rigidità alla docilità, dal dolore alla distensione, attraverso una lotta che, in molti casi, si rivela estenuante, laboriosa, talvolta faticosa e penosa ma che, quando giunge alla conclusione, mette sempre il malato in condizione di aver imparato ad avere fiducia nel proprio corpo che, da questo momento, sarà percepito in ogni sua più piccola sensazione e riconosciuto come strumento della gioia di vivere.

Raggiunta questa condizione è possibile, sentirsi sufficientemente rilassati e contemporaneamente "pronti all’azione", senza che l’innesco della reattività sfoci nell’incontrollabilità né, tanto meno, che il controllo sia mantenuto attraverso fattori estranei al nostro corpo, bensì completamente esercitato dalla volontà.

E’ una terapia che si discosta da quella cognitivo – comportamentale per ciò che concerne la diversa interpretazione della valutazione del paziente, della durata della terapia, dell’uso degli psicofarmaci, della frequenza degli incontri e dell’impostazione delle sedute.

VALUTAZIONE DEL PAZIENTE

La valutazione del paziente, per ciò che concerne la mia Terapia Somatopsichica, differentemente da quanto prescritto dalla Terapia cognitivo – comportamentale, è molto più complessa e articolata, in quanto vi sono una serie di dati dai quali non è assolutamente possibile prescindere prima di programmare l’intervento.

L’iter di valutazione del paziente che viene identificato come "processo di ammissione" è basato, sulla compilazione di questionari e sulla rilevazione di dati psicofisiologici che hanno il compito di tracciare il profilo della reattività fisiologica.

Il "processo di ammissione" prosegue poi con una simulazione di somministrazione della mia "Terapia Somatopsichica", volta alla classificazione della suscettibilità del paziente a questo tipo di impostazione terapeutica.

DURATA

Ritengo molto corretta la stesura di un programma di intervento iniziale, contenente la dichiarazione degli obbiettivi, anche se credo che per il raggiungimento di questi obbiettivi vi siano una serie di nodi da sciogliere, relativi alla patologia specifica, al tempo dal quale è in atto, all’età e al sesso del paziente, al suo grado di cultura, di capacità di apprendimento e alla motivazione alla terapia.

PSICOFARMACI

Secondo l’impostazione ortodossa della Terapia cognitivo - comportamentale gli psicoterapeuti cognitivo - comportamentali sono spesso favorevoli all'uso integrato di farmaci e psicoterapia. In alcuni casi può essere necessario ottenere una parziale riduzione dei sintomi mediante farmaci prima di impostare una psicoterapia efficace; in altri, soprattutto nei casi più gravi, è consigliabile mantenere affiancate le due forme di terapia, quella farmacologica e psicoterapica, dal momento che la ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato la migliore efficacia dei due trattamenti associati.

Si farà un breve cenno alle classi farmacologiche usate con maggior frequenza. I nomi commerciali riportati sono solo esempi dal momento che esistono molti altri prodotti con efficacia paragonabile.
Le benzodiazepine, i più comuni tranquillanti (es. Xanax, Lexotan, Valium, Tavor, Roipnol, ecc.), proprio perché hanno un effetto tangibile e quasi immediato, possono dare problemi di assuefazione e dipendenza se assunti per un periodo prolungato; complicazione che è bene evitare. La dipendenza può essere anche di tipo psicologico, rendendo ancora più difficoltosa l’eventuale sospensione del farmaco.
I tradizionali antidepressivi triciclici (Anafranil, Tofranil, Surmontil, ecc.) sono molto efficaci nel trattamento degli episodi depressivi ed estremamente utili nel caso di altri disturbi psichiatrici, quali il disturbo ossessivo - compulsivo. Sono comunque farmaci che presentano un numero di effetti collaterali abbastanza elevato e in alcuni casi assolutamente controindicati; per tale motivo devono essere assunti sotto stretta sorveglianza medico specialistica o in regime di ricovero.
Gli antidepressivi non triciclici sono farmaci più recenti (es. Prozac, Zoloft, Sereupin, Seropram, Seroxat, ecc.) e più maneggevoli. Non sono comunque esenti da effetti collaterali, come ad esempio perdita dell’appetito, nausea, insonnia.

Tutti gli antidepressivi, triciclici e non, richiedono dalle 2 alle 4 settimane di trattamento per iniziare a far percepire qualche miglioramento. In ogni caso è stato dimostrato che una buona psicoterapia cognitivo - comportamentale è estremamente efficace nel prevenire le ricadute, assai frequenti dopo la sospensione di un trattamento farmacologico.

Gli stabilizzanti dell’umore (es. Carbolithium, Depakin, Tegretol, Neurontin ecc), sono farmaci che, come dice il termine, stabilizzano l’umore, in maniera tale che questo non sia particolarmente euforico o depresso.

Il loro uso è esteso anche ad altri quadri psichiatrici.
In linea di massima, sono farmaci che richiedono esami del sangue periodici poiché in alcuni casi possono essere molto tossici. Per tali ragioni richiedono la sorveglianza di un medico specialista.
Esistono infine molti psicofarmaci che non abbiamo citato per motivi di semplicità, come ad esempio i neurolettici, così come non abbiamo considerato farmaci usati in altre branche mediche ma utili in alcuni casi psichiatrici (ad esempio ormoni tiroidei o beta bloccanti).

Secondo le mie valutazioni gli psicofarmaci svolgono un’azione sedativa, la quale è però realizzata con la sopportazione di effetti collaterali indesiderabili, i quali possono essere molto deleteri per la salute generale del paziente.

La pericolosità di queste terapie è relativa alla creazione di dipendenza in quanto, non estirpando il problema dalle sue radici, non risultano essere un rimedio definitivo, per cui devono essere continuamente ripetute e integrate.

FREQUENZA

L’apprendimento delle tecniche sulle quali si basa la mia Terapia Somatopsichica per il raggiungimento del rilassamento e della successiva gestione dell’autocontrollo necessitano di esercitazioni continue, ripetute e intense, perché si tratta di un modo completamente diverso di re – agire alle stimolazioni e perché il nuovo comportamento appreso deve diventare ermetico e quindi sottocorticalizzato, fase raggiungibile soltanto attraverso il costante impegno, questo è il motivo per cui la frequenza è quotidiana, almeno all’inizio, durante la prima impostazione della terapia, per un tempo che sarà stabilito, naturalmente, per ogni singolo caso.

IMPOSTAZIONE DELLA SEDUTA

L’impostazione della seduta quindi, consequenzialmente ai presupposti appena sopra elencati, non potrà essere rigida in confronto ad una durata, ma sarà sempre elastica, in quanto il paziente, prima di tutto dovrà raggiungere un grado di concentrazione molto profondo, sul quale verranno costruiti gli schemi per la corretta identificazione dell’emozioni e tutto questo non è calcolabile esattamente, proprio perché si tratta di tanti piccoli, veri e propri interventi.

LA SOMMINISTRAZIONE

Nelle pagine di seguito sono raccolte alcune considerazioni scientifiche rilevate in relazione alla somministrazione della MIA terapia che ho definito SOMATOPSICHICA perché credo che i disturbi non abbiano un origine psicologica, ma somatica e quindi non debbano essere definiti psicosomatici, ma somatopsichici.

In genere il paziente arriva al 1° incontro stressato, ansioso, a disagio, molte volte anche appesantito da un corpo dolorante ed affaticato, in stato di ipersimpaticotomia: cuore rapido, respirazione breve, costipazione.

La maggior parte dei pazienti ha un atteggiamento di rassegnazione oltre che per la consuetudine alla sofferenza, soprattutto per le continue frustrazioni ricevute dalla ricerca della giusta terapia ma, nonostante questo, tutti sono disposti a fare un ultimo tentativo.

Alcuni hanno ancora qualche speranza, altri sono completamente demotivati e, mentre certi si fidano immediatamente, tanti sono ancora scettici alla nostra Tecnica: in buona sostanza dunque ci sono i tranquilli, così come i nervosi e gli aggressivi, ma una cosa è certa, che tutti sono essere umani a pezzi perché i luoghi segreti della loro vita sono stati devastati.

E poiché ho un ruolo terapeutico specifico nella somministrazione di questa Terapia, essendone l’ideatore, durante il procedimento di ammissione, nel quale viene tracciato un profilo psicologico e psicofisiologico approfondito e molto ben dettagliato, cerco sempre di incontrare tutti i miei pazienti, offrendo loro la possibilità di parlarmi delle cose che sono importanti nella loro vita e puntualmente essi mi comunicano cose di sé che non erano mai emerse prima, in quanto credo, in genere, di saper cogliere subito attraverso quali modalità sarà meglio somministrare il nostro intervento, affinché la probabilità di giovamento sia massima in ogni singolo caso.

A questo punto può iniziare la somministrazione della Terapia, la quale, durante la seduta individuale di un’ora o più, molte volte fa registrare reazioni strane, determinate dalla particolarità del nostro intervento, ed ecco quindi comparire, a seconda dei casi, crisi di pianto, pazze risate, crampi, formicolii, sensazioni di forte calore che, subito dopo, si traducono in sensazione di fame, freddo, sonno, spossatezza, euforia, rilassatezza, in una parola, equilibrio vegetativo.

Queste potrebbero essere alcune delle prime sensazioni percepite dal paziente, perché la mia Tecnica parte dal presupposto che non è possibile sentirsi nervosi, tesi e ansiosi se i muscoli restano rilassati.

LE FASI DEL

PROCEDIMENTO PSICOTERAPEUTICO

ACCOGLIENZA

1) SVILUPPO DI INFORMAZIONI SIGNIFICATIVE:

colloquio preliminare iniziale e screening;

registrazione dati anagrafici di base;

analisi della domanda, delle esigenze e del sistema di attese;

osservazione dei canali comunicazionali;

rilevazione iniziale orientativa dei livelli di compatibilità.

 

2) DEFINIZIONE DEL PROBLEMA:

presentazione delle problematiche principali;

elaborazione della dimensione relazionale della richiesta;

analisi, risorse e limiti, personali e ambientali;

osservazione dello stato di funzionamento globale e della idoneità al processo diagnostico e/o alla terapia;

preparazione per l’adesione ad un contratto per un’indagine esplorativa.

VALUTAZIONE

3) CONCETTUALIZZAZIONE PROGRESSIVA DEL CASO:

organizzazione delle informazioni anamnestiche nella cartella clinica;

analisi evolutiva dello stile cognitivo - interpersonale prevalente;

principali decisioni del copione di vita;

individuazione delle tematiche relazionali conflittuali centrali (CCRT);

stato e qualità dell’attività mentale;

comportamento e regolazione degli affetti;

definizione dello stile di personalità e rappresentazione del modello del sé e del mondo;

4) FORMULAZIONE DI UN’IPOTESI DIAGNOSTICA:

diagnosi fenomenologica ed esame clinico psicodiagnostico descrittivo differenziale;

quadro psicopatologico categoriale DSM – ICD - Test;

restituzione dei dati, risposte e rassicurazione sulla prognosi;

indicazioni e controindicazioni alla terapia;

orientamento verso l’intervento terapeutico più appropriato (analisi/aspettative/ risorse, tipologia diagnostica e corrispondente trattamento empirico convalidato);

motivazione partecipativa alla decisione per la scelta prioritaria e prescrizione dell’intervento.

PIANO DI TRATTAMENTO

5) OBIETTIVI, STRATEGIE TERAPEUTICHE E PIANI DI TRATTAMENTO:

analisi delle aspettative in progress;

instaurazione di un’alleanza motivazionale di lavoro e superamento delle resistenze;

completamento anamnesi progressiva della cartella clinica;

negoziazione del contratto per il trattamento con formulazione predittiva sugli esiti a breve, medio e lungo termine;

rassicurazione su riservatezza e confidenzialità;

consenso, fiducia ed impegno reciproco;

organizzazione di un strategia con obiettivi e tattiche finalizzate al traguardo.

6) ASSUNZIONE DELLA PRESA IN CARICO E AVVIO DEL TRATTAMENTO

FASE 1:

capacità responsiva ai bisogni relazionali e presenza ricettiva per lo scioglimento delle difese;

costruzione della relazione terapeutica collaborativa su una base sicura;

sviluppo del legame di attaccamento tramite sincronizzazione affettivo – evolutiva - relazionale;

FASE 2:

prescrizione di azioni preferenziali prioritarie e compiti fuori seduta;

interventi supportivi, consolidamento fiducia e speranza;

strategie di cambiamento, desomatizzazione espressiva e codificazione simbolica;

interpretazioni psicogenetiche e delucidazioni chiarificative dei collegamenti;

esperienze emotivo correttive e riparative integrative;

interventi espressivo - interpretativi del transfer e consapevolezza nel qui ed ora;

ristrutturazione dissonanze cognitive e confutazione convinzioni irrazionali;

tecniche psicopedagogiche immaginative e di autosostegno;

proposta di ingresso in gruppo terapeutico per ampliamento delle elaborazioni dinamiche interpersonali;

VERIFICA

7) VALUTAZIONI E VERIFICHE IN ITINERE:

resoconti e note di progresso strutturati;

feedback sui miglioramenti;

cambiamento e impatto sull’ambiente;

verifica della realizzazione del contratto;

riformulazioni consuntive e progressive restituzioni;

test di efficacia e verifica degli effetti del trattamento con validazioni degli esiti raggiunti;

stabilità ed uso della rete di supporto sociale per l’autosostegno.

 

8) FOLLOW-UP:

ricadute e comparsa di nuovi sintomi;

paure di assunzione di responsabilità;

autorealizzazione e progettualità;

consolidamento interdipendenza relazionale;

autoterapia e check-up psicocorporei preventivi;

follow - up.

 

 

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