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Copernico, la sorte del De Revolutionibus dopo la condanna della Chiesa e il ruolo di Galileo

Da Giangi Caglieris (Giovanni Maria Caglieris)


CARLO CONTI a GALILEO in Firenze. Roma, 7 luglio 1612 (XI,723)

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Lettera XI, 723.
In questa lettera il Cardinale Carlo Conti, rispondendo ad una lettera di Galileo, lo ammonisce ad agire con prudenza circa l'interpretazione delle Sacre Scritture

CARLO CONTI a GALILEO in Firenze.

Roma, 7 luglio 1612.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XIV, car. 94. — Autografi il poscritto e la firma.

Ill.re et molto Ecc.te Sig.re

Le questione mosse da V. S. nel suo libro sono molto belle et curiose, fondate in assai ferme ragione et esperienze certe: però, come sono le cose nove, non vi mancaranno impugnatori, quali spero serviranno solo a fare più chiaro l'ingegno di V. S., et la verità più certa.

In quanto poi a quello che me rechiede, se la Scrittura Sacra favorisca a' principii de Aristotele intorno la constitutione dell'universo; se V. S. parla dell'incorrottibilità del cielo, come pare che accenni nella sua, dicendo scoprirse ogni giorno nove cose nel cielo, le respondo non essere dubbio alcuno che la Scrittura non favorisce ad Aristotele, anzi più tosto alla sentenza contraria, sì che fu comune opinione de' Padri che il cielo fosse corruttibile. Se poi queste cose che di nuovo si scorgono in cielo, dimostrino questa corruttibilità, ricerca longa consideratione, sì perchè il cielo essendo da noi sì distante, è difficile affermare di lui cosa di certo senza longhe osservatione, sì anco perchè se è corruttibile, bisogna habbi determinate cause di queste mutatione, quale a certi et determinati tempi si debbino vedere, nè salvare si possino senza che il cielo patisca corruttione, come facilmente alcuni pensaranno potersi salvare le macchie che si vedono nel sole con il moto de alcune stelle che sotto de lui se aggirino. Queste ragione, et altre molte, penso siino state da V. S. molto ben considerate et essaminate; et però aspetto haver da lei più longa dechiaratione delle sue osservatione et ragione.

Quanto poi al moto della terra et del sole, si trova che de due moti della terra puol essere questione: l'uno de' quali è retto, et fassi dalla mutatione del centro della gravità; et chi ponesse tal moto, non dirrebbe cosa alcuna contro la Scrittura, perchè questo è moto accidentario alla terra: et così la notò Lorino sopra il primo recto (sic) dell'Ecclesiastico (sic)(1). L'altro moto è circolare, sì che il cielo stii fermo et a noi appare moversi per il moto della terra, come a' naviganti appare moversi il lido; et questa fu opinione di Pittagorici, seguitata poi dal Copernico(2), dal Calcagnino et altri, et questa pare meno conforme alla Scrittura: perchè, se bene quei luoghi dove se dice che la terra stii stabile et ferma, si possono intendere della perpetuità della terra, come notò Lorino nel luogo citato, nondimeno dove si dice che il sole giri et i cieli si movono, non puole havere altra interpretatione la Scrittura, se non che parli conforme al comun modo del volgo; il qual modo d'interpretare, senza gran necessità non non si deve ammettere. Nondimeno Diego Stunica(3), sopra il nono capo di Giob, al versetto 6°, dice essere più conforme alla Scrittura moversi la terra, ancor che comunemente la sua interpretatione non sia seguita. Che è quello si è potu[to] trovare fin hora in questo proposito; se bene quando V. S. desideri di havere altra chiarezza d'altri luoghi della Scrittura, me lo avisi, chè gli lo mandarò.

Et quanto a quelle macchie negre che V. S. vede nel sole, ho voluto mandarle copia(4) di quanto si trova scritto in un libro non comune, dal quale si ricava che sono stelle che lo girano. Et rengratiando V. S. della parte che ha voluto darne de questa sua nobile fatiga, fo fine, et me le raccomando di cuore.

Di Roma, li 7 di Luglio 1612.

Mio fratello(5) è a Parma, et presto doverà esser a Roma, et gli farò parte del libro, che, come parto del suo ingegno et dottrina, gli apportarà molto gusto.

 

S.r Galileo Galilei.

Al piacere di V. S.

Il Car.l Conti.

(1) Cfr. IOANNIS LORINI Avenionensis, Societatis Iesu. Commentarii in Ecclesiasten, ecc. Lugduni, sumptibus Horatii Cardon, 1606, pag. 27, al cap. I, vers. 4 "terra autem in aeternum stat".
(2) dal Coperniae -- [CORREZIONE]
(3) DIDACI A STUNICA Salmaticensis Eremitae Augustiniani In Iob Commentaria. Romae, apud Franciscum Zannettum, M.D.XCI, pa". 140-141.
(4) Non è ora allegata alla lettera.
(5) CONTE CONTI, Duca di Poli.

L'evidenziazione in Grassetto é stata fatta dal curatore