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By. Federico Cappello

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La Grotta dei Saraceni    di PIERANGELO TORIELLI

L'argomento che propongo in queste righe all'appassionato lettore non e il solito argomento già trattato qua e là, ma ha qualche cosain più.
Inizierò trattando l'aspetto geologico del territorio che comprende la Grotta dei Saraceni, per poi passare all'aspetto storico, corredato dalle relative documentazioni ritrovate in vari archivi. E' anche doveroso menzionare gli scavi e le ricerche condotte negli anni passati da tante persone che hanno dato il loro contributo per rendere possibile una maggior conoscenza del sito. Concluderò con i misteri della Valle dei Guaraldi e della Grotta dei Saraceni, e qui si spazia in un'altra dimensione, dove si intrecciano svariati miti e leggende con fatti ed esperienze che ci trasportano nel mondo delle scienze occulte e del paranormale.
Geologia
La storia della nostra grotta ha inizio con la fine di importanti mutamenti geologici, come il sollevamento della catena alpina e le relative conseguenze da essa derivate. Questa fase iniziata durante l'Era Secondaria, continuò ancora nell'era Terziaria e queste imponenti spinte di origine orogenetica diedero origine all'innalzamento dei plutoni alpini. Ne seguì una serie di movimenti geologici di assestamento, lenti ma costanti nel tempo, che hanno causato forti spinte di origine tettonica al sistema originario, inclinando e sollevando le rocce sedimentarie, di origine marina del Monferrato e provocando la frattura.
Queste fratture compaiono anche nei più profondi strati che formano il colle di San Germano, e non sono state provocate dalle mine usate nella vicina ex cava UNICEM per un motivo molto semplice: queste rocce calcaree sedimentarie attutiscono moltissimo le onde d'urto, in quanto non hanno una vena cristallina.
A questa deduzione sono giunto avendo frequentato varie miniere come Brosso e Traversella, dove un colpo di mazza Cart a della zona Concrezioni calcaree in una condotta d'acqua forzata,Concrezioni calcaree in uno stretto cunicolo all’interno della Grotta.
vibrato su una parete si trasmette in lontananza. La situazione idrogeologica del territorio costituente le Grotte è invece la seguente: gli ipogei si aprono sulla Valle detta dei Guaraldi e penetrano tra i vari strati geologici del Miocene medio (Elveziano) tipico della pietra da cantoni.
Questi strati si presentano molto fratturati con alternanze di strati compatti, anche di spessore rilevante, che formano il tetto delle Grotte stesse e si appoggiano su una serie di grandi blocchi irregolari dalla frattura antica, che per rotolamento si sono assestati nel terreno sottostante.
La mia conclusione, da un'indagine approfondita del luogo, è che tutto il frontale abbia subito nel passato un enorme movimento franoso, che comincia sotto la strada della frazione La Prera, in prossimità della località denominata Campo Rosso.
Penetrando all'interno delle caverne e una volta superata la prima parte che definirei instabile, seguono gli strati compatti dove sono presenti i rami fossili delle antiche condotte d'acqua forzata dall'andamento tortuoso, che hanno scavato molti tratti degli ipogei, tappezzandoli di calcite e piccole stalattiti.
La rete idrica sotto il colle di San Germano è veramente rilevante. Dalle mie ricerche risulta che a circa sette metri sotto le Grotte scorre un corso d'acqua che ho potuto rilevare tramite opportuni strumenti di misura, ne segue una risorgenza poco sotto l'ingresso delle Grottenella valle, chiamata fontana del Sisulot. Si parla anche della presenza di un laghetto sotterraneo a circa trenta metri dall'ingresso. La testimonianza di molti anziani del luogo concordano nell'affermare quanto segue: poco dopo l'ingresso ci si calava in un pozzo un po' conico, profondo circa sette metri, poi sul fondo si apriva un piccolo passaggio, era una galleria, con un asse appoggiato a terra per non sporcarsi di fango, che veniva percorsa "a gatagnau" e conduceva al laghetto sotterraneo. Questi anziani che ho intervistato nel 1961-62 raccontano che andavano da "bagaiot" e "da scoundoun" con dei moccoli di candela a fare il bagno.
Dalle falde del colle di San Germano ha origine il torrente Ponara che nasce nella vicina Valle dei Frati e, dopo un lungo percorso
sfocia nel Rotaldo. Questo conferma che sotto le condotte fossili esistono corsi d'acqua sotterranei attivi e ricevono l'acqua da una serie di piccole pozze e inghiottitoi sparsi un po' su tutto il colle. Ciò è deducibile anche dalla rigogliosità della vegetazione, che possiamo definire eccezionale e maestosa.
Sopra le Grotte, in località Campo Rosso, esiste un'enorme frattura molto antica che forma una voragine di circa venti metri, poi ostruita sul fondo da vari detriti. La sua formazione è di origine franosa del frontale della collina stessa, ma l'interessante è che è comunicante con altre aperture, più profonde, nel cuore della collina, poiché ne fa camino con correnti d'aria ascendenti e discendenti secondo il variaredella stagione.
Concrezioni calcaree in una condotta d’acqua forzata
Troglosseno
Le Grotte hanno anche, una fauna, che presenta un certo interesse.
E' il caso dell'aracnide da me fotografato sulle pareti della Grotta.
Si tratta di un Troglosseno, un ragno entroglofilo che non costruisce la tela, ma forma un bozzolo sericeo che contiene le
uova.. E' tipico dell'imbocco delle caverne italiane e si nutre di zanzare e piccoli ortotteri cavernicoli.
Storia.
Il culto di Mithra Tauroctono proveniva dalla lontana Asia Minore che comprende l'Iran e la Persia. Il dio Mithra venne
rappresentato sopra un toro in atto di ucciderlo con la sua spada. Mithra nasce da una roccia e la roccia è l'immagine del
cielo e viene rappresentato nei mitrei con Cautes e Cautopates che sono due figure giovanili che rappresentano il sorgere ed il tramontare del sole e che con Mithra formano una triade a carattere solare. Mithra fu anche festeggiato come Sol invictus al 25 dicembre di ogni anno, in coincidenza con il solstizio d'inverno in cui il sole lascia il 30° grado del Sagittario per entrare in Capricorno; questo accade il 22 dicembre, alle ore 11 del mattino, dando così inizio alla rinascita del sole con l'inizio del nuovo anno solare.
Ma tutta la religione era anche strettamente legata al culto cosmico dei pianeti e dello zodiaco.
Il mitraismo venne importato e diffuso dalle guarnigioni militari romane ritornate dal lontano Oriente alla fine del I secolo d. C.; in questo periodo si introdusse in Italia, trovando proprio tra i legionari i suoi adepti più numerosi e fedeli.
Il momento di massimo splendore ed estensione del mitraismo, che arrivò in tutta Europa, fu tra la fine del III secolo d. C. e il principio del IV, quando questa religione si identificò sempre più al culto solare e come tale rimase viva ancora nel V secolo.
I santuari mitraici o mitrei erano di solito siti in luoghi sotterranei o grotte (la volta rocciosa era simbolo del cielo), e qui si può collocare la nostra Grotta dei Saraceni a Moleto, in essa si svolgeva la liturgia dei misteri mitraici. Il culto comprendeva una forma di battesimo per abluzione purificatoria effettuata con acqua lustrale, acqua che sgorgava limpida e pura in prossimità dell'ingresso della nostra grotta nella Valle dei Guaraldi, poi seguiva un pasto sacro consistente in pane e vino consacrato, dopodiché si segnava la fronte degli adepti con un ferro ardente e, con le mani ricoperte di miele, si lavavano le impurità dell'anima e del corpo, essendo il miele il cibo degli dei.
Il sacerdote vegliava su di un fuoco sacro perpetuo e rivolgeva preghiere al sole tre volte al giorno, all'alba a mezzogiorno ed al tramonto, e qui ritroviamo la triade, e veniva accompagnato nelle sue cerimonie da una vergine (forse la bella maga Alcina, che compare verso mezzanotte nel solstizio d'inverno, custode del tempio). Il culto della morte, secondo questa religione, avrebbe reso possibile l'ascesa dell'anima attraverso le sette sfere planetarie, cioè i sette pianeti astrologici, dove all'uomo veniva garantita l'eterna beatitudine nella resurrezione alla fine dei tempi. Veniva data da bere una bevanda sacra dell'immoralità che provocava esaltazione ed eccitazione allo scopo di favorire l'estasi.
 
Nell'anno 936 i Saraceni avevano invaso già i territori dell'acquese e dell'astigiano, poi le orde saracene invasero anche le nostre colline con razzie e saccheggi. Nel 942 i cristiani cercarono di cacciare le orde saracene dai territori occupati nel Nord dell'Italia. Poi negli anni che precedono il 951 i Saraceni siglarono un accordo con re Ugo di Provenza per poter restare nei territori da loro occupati cioè il Piemonte, la Liguria e la Provenza, dove in questi ultimi anni raggiunsero una grande potenza, frutto di saccheggi e distruzioni.
Fondarono vari paesi nel Monferrato, tra i quali Frassinelle e Moleto, in arabo Muley vuol dire signore,sovrano. Inizialmente nella Valle dei Guaraldi i Saraceni trovarono un facile rifugio per le loro scorribande e si tramanda che usarono le grotte per nascondere i loro tesori razziati in Monferrato.
L'invasione durò fino al 967-970, in quanto con la vittoria dell'imperatore Ottone I di Sassonia contro Berengario d'Ivrea iniziò la grande sconfitta dei Saraceni, seguita in Monferrato dall'avanzata dell'esercito di Aleramo, che in seguito alle sue vittorie sul campo ebbe da Ottone I le terre di Monferrato, con Vercelli, Acqui e Savona. Nel 1625 le Grotte furono rifugio di briganti e soldati sbandati che si davano a furti e saccheggi nei territori del Monferrato, come si può ricavare dai documenti manoscritti lasciati dal del Conti e dal de Morano.
Un cronista e storico dell'epoca napoleonica a Casale fu l'abate Giuseppe Antonio de Morano, che sul finire del 1700 scrisse il Saggio storico sulla Città e Chiesa di Casale di Sant'Evasio in Monferrato. Circondario 2° del dipartimento di Marengo, 28° Divisione Militare.
Ad un certo punto di questo si legge: "Quel ch'è di fatto si a, che ancora al dì d'oggi nella collina di San Germano, e sotto la borgata detta Moleto poco distante da Frassinelle, e dal comune d'Olivola esistono ancora scavate nel corpo d'essa collina, e nel tufo, le così dette Caverne dei Saraceni, tali dette per tradizione costante, e sulli Catasti antichi del Comune d'Ottiglio, di cui Moleto e Borgata, detti figurati dall'anno 1486: in poi, e chiunque se ne può appagare essere dette caverne tenere ricoverati, e uomini e cavalli ancora in qualche numero nascosti, non avendosi che a sbarazzare la terra nell'imboccatura delle Caverne state con ordine del vecchio Governo Mantovano otturate nell'ingresso, e solo da curiosi e da ragazzi si faccia sgombrare la terra, e togliere le spine che l'adombrano per visitarle di tempo in tempo".
Nel 1811 il canonico Giuseppe de Conti ha scritto una memo ria compendiosa sullo stato delle abbazie e castelli del circondario di Casale; in essa è detto: "poco distante da Grazzano trovasi il villaggio di Ottiglio" e segue citando una "singolarità nella regione di Moleto e consiste in che per lunga estensione es istono tuttora scavate nel tufo tortuose, e diramate Grotte, capaci di ricovero di moltitudine di Persone, da contadini chiamate le Grotte del Saraceno. Si sa dalle storie che nel secolo VI e VII gli Saraceni s'annidarono in queste parti nascosti nelle macchie, e che di qui sole vano depredare ed uccidere i passeggeri. Niente di più probabile che li scavi di queste grotte non siano stati opera di questi barbari".
Ricerche e scavi.
Le prime notizie scritte ci giungono dalle ricerche fatte dal conte Fabrizio Mole di Ottiglio.
Sappiamo che lasciò degli scritti e una mappa delle Grotte, un materiale davvero prezioso ed interessante datato 1626.
Questi manoscritti vennero ritrovati casualmente dal sig. Pietro Maschera nel 1926 circa.
Molto probabilmente il conte Mola era riuscito a visitare le Grotte, ancora parzialmente praticabili, e a vedere il mitreo entrando da qualche passaggio secondario ora ostruito e sepolto dalla fitta vegetazione. Cunicolo
Non so invece se ritenere certi gli scavi che si dice siano stati effettuati dal Genio Zappatori nei primi anni del novecento. Questa compagnia sarebbe stata chiamata dal conte Candiani d'Olivola, già ammiraglio, in quel tempo a riposo.
Altri scavi sono quelli della famiglia Cirio di Ottiglio, composta dal padre e dai due figli. Questi scavi li definirei favolosi per vari motivi: la fatica ciclopica di aprire a colpi di piccone una galleria ad altezza d'uomo scavata nella roccia calcarea ma compatta, della lunghezza di circa quaranta metri; questo lavoro fu necessario perchè il proprietario del terreno ove era situato l'imbocco naturale non diede il permesso di scavo ai Cirio; man mano che gli scavi avanzavano nell'interno della cavità il materiale di riporto veniva scaricato dove c'era posto, causando così un riempimento quasi totale, fino al soffitto e intasando così tutti i cunicoli della grotta.
Qualche primo sopralluogo nelle Grotte di Ottiglio viene condotto nel 1927 da Pietro Maschera. Il quale nell'anno precedente aveva trovato per caso un fascio di carte antiche riguardanti la Grotta dei saraceni; come ho già detto prima
si trattava degli scritti del conte Mola. Per poter meglio effettuare i suoi scavi si trasferì in località la Prera presso i suoi parenti, i signori Cressano. Ma gli scavi vennero interrotti a causa di una denuncia fatta ai carabinieri, forse da qualche abitante del luogo un po' geloso al pensiero di un probabile ritrovamento del famoso tesoro.
Anche lo storico, allora giornalista. Aldo Ricaldone, nel 1954 cominciò ad interessarsi alla Grotta dei Saraceni e alle sue vicende con una serrata ricerca su fatti e leggende che poi pubblicò. Siamo negli anni dal 1955 al 1957. In questo periodo seguono i vari
tentativi di un gruppo di appassionati, carichi di entusiasmo, alla ricerca del famoso mitreo, nel tentativo di svelare i misteri che avvolgono gli ipogei del colle di San Germano. Sono i casalesi Ceccherini, Bazzani, Maschera e Rollone, guidati dal Ricaldone che, della squadra, era la persona più a conoscenza dei fatti legati alla Grotta.
Per le loro ricerche si servirono dell'ingresso laterale scavato anni prima dai Cirio, una lunga galleria che si restringeva
notevolmente sul fondo, dando accesso ad una piccola cavità dalle pareti quasi nere con sulla destra il soffitto composto da
massi fratturati, che ne rendevano la stabilità precaria. Ma anche queste ricerche furono infruttuose.
Durante l'inverno del 1956-57 il proprietario del terreno dove è sita la Grotta, il geometra Rollone, fa scavare un pozzo
quadrato davanti all'ingresso principale della Grotta sul lato destro, attrezzato di un verricello e chiuso da una baracca d'assi. Lo scavo proseguì fino alla profondità di circa 10 o 12 metri, ma poi fu abbandonato per due motivi: il primo perché il pozzo si allagò per infiltrazione della falda sotterranea presente nella valle, il secondo per una disgrazia capitata ad un operaio che si ruppe una gamba (anche in questo caso si parlò della maledizione della Grotta). Scopo di questo scavo: trovare l'imbocco originario delle caverne.
Durante l'estate del 1939 il Gruppo Speleologico Piemontese, con Alberto Santacroce di Torino, effettua otto sopralluoghi
domenicali. Si cerca di esplorare le Grotte, ma molti cunicoli però erano ostruiti da una massa enorme di detriti di riporto
accumulati dall'interno. Nonostante le difficoltà incontrate venne abbozzata una mappa, anche se ancora parziale, della
Grotta in pianta ed in sezione. La nostra Grotta venne registrata a Torino, al catasto grotte del Piemonte, con la sigla P 1.
Nel Settembre del 1960 vengono fatte tre uscite esplorative con lo scopo di rendersi conto dei lavori da effettuare per
disostruire l'ingresso principale della Grotta; siamo solo in due: Vittorio ed io. Tra il 1961 e il 1962,essendo proprio io uno dei
capi del gruppo Scout di Casale, indirizzai le attività di gruppo e delle squadriglie a fare delle inchieste, in quel di Moleto e dintorni, riguardanti la Grotta, con le sue leggende e i ricordi di gioventù degli anziani.
Nel maggio del 1962 scendiamo nella fenditura situata sopra la Grotta, in località Camp o Rosso, dove con una putrella armo la volta composta da massi pericolanti, aiutato dall'inseparabile Vittori,  riusciamo a compiere un lavoro considerevole di rimozione di detriti e massi che ostruivano l'ingresso, aprendo uno stretto passaggio appena sotto il soffitto. Era sempre più evidente il riempimento della grotta effettuato dall'interno. Da quanto potemmo scorgere si presentava ai nostri occhi un lavoro immenso, molto più grande delle nostre possibilità; scoraggiati decidemmo di abbandonare l'impresa. Fu proprio durante una di queste uscite che ci capitò un fatto insolito che collocherò nel capitolo del paranormale.
A luglio del 1967 riesco a formare un gruppo che lavorerà fino a Ottobre. Eravamo sei amici appassionati di speleologia, e precisamente: Bruno Ardessi, Mauro Sereno, Maurizio Baldassin, Bruno Giordano, Vittorio Zavattaro ed
il sottoscritto, che li guidava nelle ricerche avendo già una certa esperienza sulle grotte. Così, attrezzati di carriola, picconi, pala e due slitte da noi costruite, con una serie di quindici uscite cominciammo veramente a svuotare i primi camminamenti oltre l'ingresso. Durante i primi mesi del 1987 vengo contattato da Franco Ariotti, Pierluigi Ganora e Guido Ottone, alla ricerca di notizie riguardanti la Grotta. Dopo una serie di incontri i tre si tesserarono all'AssociazioneAmici della Natura. Si forma così un gruppo di amici ben affiatati, pieni di entusiasmo per la ricerca nelle Grotte e anche per le loro leggende che rendono il luogo
pieno di misteri da svelare. Siamo attrezzati di tutto punto, abbiamo pure un fuoristrada del Franco Ariotti e la luce elettrica in parte della Grotta, alimentata da una batteria per auto.
A maggio dell'87 iniziano i lavori con uscite costanti tutti i sabati e domeniche allo scopo di rimuovere il materiale che ostruisce l'accesso alle cavità più profonde. In una di queste uscite, dove a volte partecipa anche tutta la famiglia, vengono ad aiutarci due miei amici., sono Antonina Riccobono e Gaspare Anzalone, i quali ci aiutano a rimuovere un grosso masso situato in posizione
pericolosa. Anche Fabio, il mio giovane figlio, si dà un gran da fare, infilandosi come un topo nei cunicoli più
piccoli e stretti.
In questi mesi non sono mancate le avventure negative: il fuoristrada slitta e non riesce a risalire, poi si pianta in un mucchio di fango dove quasi sprofonda; si dovranno chiamare mezzi di soccorso via radio. Gli scavi proseguono anche nel 1988: vengono eseguiti in modo scrupoloso e sono sempre stati di rimozione di una montagna di materiale di riporto, senza mai alterare la
struttura naturale ed originaria della Grotta. Vennero caricate centinaia di carriole piene di materiale e poi scaricate a valle, ma del Mitreo o dei Resti dei Saraceni non trovammo nulla. Sotto l'aspetto storico fu una vera delusione, anche se l'aspetto speleologico risultò affascinante. Forse le ricerche sono ancora su di un piano troppo elevato rispetto all'antico ingresso, oppure la Maga Alcina continua a celare i misteri contenuti nelle Grotte? In questo periodo sono stati frequenti i gruppi di curiosi
provenienti da Ovada, Alessandria., Novi, Asti, Vercelli e Torino che, avendo letto di tesori sepolti nelle Grotte e considerando questo luogo come una delle località magiche del Piemonte in cui praticare rituali esoterici e messe nere, hanno creato una situazione imbarazzante e di vera preoccupazione per ricercatori come noi, che credono nella speleologia e alle sole cose certe e provate. Si arrivò persino al punto di pensare di chiudere gli ingressi con un pesante cancello di ferro da costruirsi su misura.
Paranormale.
Di misteri del culto solare praticati nella Grotta dà notizia il conte Fabrizio Mola di Ottiglio, con una serie di manoscritti
da lui lasciati e risalenti al 1626, ritrovati per caso dal signor Maschera nel 1926, in mezzo ad un libro antico conservato
nella biblioteca del Seminario Vescovile di Casale. Su questi documenti era descritta la Grotta con i suoi camminamenti  Mappa ricavata da Pierangelo Torielli durante i suoi rilevamenti., poi un pozzo e la rappresentazione del Mitreo, con i sette stadi iniziatici che erano strettamente legati alla sfera celeste.
Il Mola narra della presenza di vasi lustrali e di spaventose maschere rituali ancora presenti nelle Grotte.
Sulle presenze paranormali nella Valle dei Guaraldi è di dovere segnalare quanto compare negli incartamenti della Curia dove
è scritto: "nell'anno di nostro Signore 1672 al dì 3 di novembre di giovedì, i figli del conte Mola di Ottiglio, tormentati da spiriti maligni, essendo passati nel luogo detto di Moleto, aprirono un consulto del Santo Ufficio in Vescovado alla presenza del padre Inquisitore". Facevano parte della commissione: Padre Ludovico, che era il presidente dei Reformati della Madonna del Tempio, il reverendo curato di Monte presso Valenza e il presidente Rolato. Gli scavi veramente importanti effettuati da Antonio Cirio dal 1927 al 1930, aiutato nel suo lavoro di cavatore dai suoi due figli Luigi e Pietro residenti ad Ottiglio, avevano lo scopo primario di
individuare il mitico tesoro dei Saraceni. Gli scavi vennero condotti anche interpellando gli spiriti tramite sedute spiritiche,
che dovevano indicare il percorso della nuova galleria da scavare per arrivare al tesoro. E' appunto durante questi scavi
che si manifestarono fenomeni paranormali anche di forte entità, con rumori provenienti dal profondo interno del colle di San Germano ed altre manifestazioni che si dimostrarono contrarie al lavoro di scavo, come se qualcuno non volesse che
si profanasse il luogo.
Il padre cappuccino Innocenzo da Piovera, sensitivo e rabdomante, venne sul luogo ben due volte, una prima nel 1926 ed una seconda nel 1956. Affermò di aver avuto la sensazione di vedere un grande imbocco delle caverne aprirsi nella Valle, cosa che realmente non appare più; forse può aver rivist o quell'ingresso che poteva ricoverare uomini e cavalli, descritto dal de Morano e dal de Conti, fatto poi crollare dal Governomantovano.
All'inizio delle mie ricerche, che erano di carattere geologico e speleologico e volevano definire quanto c'era di verom nella Grotta separando la realtà dalla fantasia, non credevo ai misteri che si raccontavano sulla Grotta ed alle varie dicerie; le prendevo, come si suol dire, con le molle e, a volte, con qualche sorriso. Poi, come vi dirò più avanti, ho dovuto ricredermi ed imparare a conoscere la verità, con le sue presenze esoteriche ed i suoi misteri che sono una realtà.
Vorrei narrare due fatti successimi. In una delle mie tante uscite di fine settimana, con l'inseparabile amico Vittorio, era la terza domenica di settembre del 1962, come di consueto entrammo in Grotta al mattino per rilevare la pianta topografica, armati di bussola, goniometro e bindella metrica. Il temp o ci volò via in un fiato, quando uscimmo dalla grotta era quasi notte, ma qualche cosa non quadrava, non era come le altre volte. Senza parlarci avemmo la stessa sensazione: un senso di freddo, di gelo ci invase dalla punta dei piedi alla punta dei capelli (era l'equinozio d'autunno) e ribadisco che noi alle favole sulla Grotta non credevamo. La nostra reazione fu una sola, lasciare rapidamente la zona.
Il secondo caso strano capitò diversi anni dopo, nel 1986. Mentre io facevo le mie solite ricerche e mis urazioni all'interno della Grotta, aiutato dal figlioletto Fabio, mia moglie Laura aspettava pazientemente fuori, all'ingresso delle Grotte. Visto uno spiazzo privo di vegetazione pensò di accendere un fuocherello con foglie e rami secchi. Provò e riprovò ma nulla da fare, il fuoco non voleva accendersi. Ad un certo punto, così per caso le venne in mente Alcina e disse. "Alcina, se è vero che ci sei aiutami, fammi accendere questo fuoco", così appoggiò il fiammifero ed il fuoco si accese. Sarà un caso oppure no, ma ora mia moglie crede alla maga Alcina.
Negli anni 1961-62 diverse persone mi hanno confermato che da giovani, spinti dalla curiosità, scendevano nella valle durante la notte che precedeva il Natale, e, almeno una volta nella loro vita, sono riusciti a vedere l'apparizione della maga Alcina.
Dalle varie descrizioni tutte concordanti, l'apparizione era una figura esile di una giovane donna dal lungo vestito  bianco, con lunghi capelli biondi che scendevano giù dalle spalle fin sulla schiena. L'apparizione era di breve durata e questa figura si presentava avvolta da. una debole luce simile ad una fosforescenza che pian piano svaniva.
Questo fenomeno si ricollega agli effetti di fluorescenza visti sul soffitto o sulle pareti all'interno della Grotta da parte di
ricercatori. Una spiegazione scientifica non esiste, entriamo in un mondo misterioso ancora a noi in parte sconosciuto, è il mondo dell'occulto e del paranormale.
A conclusione di tutto quanto è stato detto, fatto e scritto, occorre riconoscere che il mistero della Valle dei Guaraldi e della Grotta dei Saraceni, con tutti i suoi fatti paranormali, i suoi miti e le sue leggende resta ancora inviolato.
La maga Alcina continua ancora a custodire il tempio dedicato al culto del dio Sole Mithra e a celarne tutti i suoi misteri, vegliando attentamente sullo spirito e sull'animo di chi si avventura in quei luoghi per profanarne il tempio, sul quale esiste una maledizione, o per venerarlo in quanto è luogo sacro ad un dio.
Bibliografia
Duemila anni di magia nel Monferrato, in "Epoche" p. 118, 1963. Invito al Monferrato, 1963. "Gazzetta del Popolo" del 7 agosto 1967.
KOLOSIMO PETER, Piemonte sconosciuto (argomento poi riproposto nei 1973), 1972. In "Vercelli fantastica", periodico del Gruppo
speleologico di Giaveno Eraldo Saracco, 1977. PALUAN MARIO, L'età del cartone. IZZIA MATILDE, Tutto può essere, RICALDONE
ALDO, in "I! Monferrato" anni 1984-85. TORIELU PIERANGELO, in "La vita casalese", 27-2-1964. FENOGLIO ALBERTO, Tesori nei
castelli piemontesi, 1970.

 

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